Il Novecento – La musica Jazz

Quadro storico
I territori colonizzati dalle potenze europee richiedono manodopera a basso costo da impiegare nelle piantagioni di cotone e tabacco dell’America del Nord e di caffè dell’America del Sud.
Agli inizi del Seicento comincia la “tratta degli schiavi”, un vero e proprio commercio di esseri umani, prelevati dall’Africa e trasportati nelle Americhe.
Gli schiavi sono privi di diritti e vivono in condizioni disumane. Soltanto nel 1865, terminata la guerra di Secessione americana (1861-1865), negli Stati Uniti viene abolita la schiavitù.

Le Idee chiave
Le popolazioni di colore, ridotte in schiavitù, sono per la quasi totalità in condizioni di analfabetismo. Se ci sono state espressioni culturali e artistiche, non ne abbiamo testimonianza. Ma proprio nell’ambito dei duri momenti di lavoro, nascono i primi canti degli schiavi, i worksongs, a cui si affiancano gli spirituals, canti religiosi nati dall’incontro della tradizione africana con il cristianesimo.
Con l’abolizione della schiavitù, le condizioni di vita dei neri in parte migliorano, anche se la maggioranza vive in condizioni di emarginazione. Comincia a delinearsi una cultura propriamente afro-americana, che si manifesta soprattutto attraverso la musica. Si sviluppano generi e forme legati sia alla musica vocale, come il blues, sia alla musica strumentale, come. il ragtime. Sul finire dell’Ottocento e nei primi anni del Novecento nasce un nuovo genere musicale, il jazz, che fonde gli elementi della musica africana con quelli della musica americana ed europea.

Generi e forme
Il Jazz si esprime attraverso generi, forme e stili che riguardano sia la musica vocale, come il worksong, il blues e il gospel. sia la musica strumentale, come il ragtime. lo swing, il bebop, il cool jazz, l’hard jazz, il free jazz e fusion.

Strumenti
I primi strumenti della musica jazz sono a fiato, come cornetta, tromba, clarinetto, trombone e bassotuba. e due strumenti a corde, il banjo e il pianoforte.
Successivamente compaiono il contrabbasso, i sassofoni, la batteria e in tempi più recenti il flauto e l’organo elettrico.

Compositori
Fra i protagonisti del jazz spiccano i musicisti Scott Joplin. Louis Armstrong, Benny Goodman, Glenn Miller. Duke Ellington, Charlie Parker. Dizzy Gillespie. Miles Davis e le cantanti Bessie Smith. Billie Holiday. Ella Fitzgerald.

Luoghi
Gli Stati Uniti sono la patria del jazz, in particolare la città di New Orleans, dove agli inizi del Novecento si formano le prime band. Successivamente raggiungono grande importanza anche le città di Chicago. Kansas City e New York. Agli inizi del Novecento il jazz comincia a conquistare l’Europa.

Le origini
Catturati con la violenza in Africa, trasportati in condizioni miserevoli in America, venduti come bestie nelle piazze dei mercati, gli schiavi negri trovarono nella Musica non solo un aiuto per sopportare le fatiche a cui furono sottoposti ma anche un modo per ribadire a se stessi e soprattutto ai loro padroni che essi erano uomini come gli altri, con una loro vita interiore ed una loro dignità.
Questa musica fu il Jazz che nacque nel corso dell’800 dalla fusione di elementi musicali africani con quelli del nuovo ambiente in cui i negri si trovarono a vivere. Esso incominciò a formarsi e a diffondersi nel Sud degli Stati Uniti, là dove più forte fu la presenza di schiavi negri, impiegati soprattutto nelle vaste piantagioni di cotone.

Gli elementi alla base del jazz
Il jazz derivò principalmente;

  • Dai Canti di lavoro (Worksongs) utilizzati per scandire l’attività nei campi e alleviare così la fatica;
  • Dai canti religiosi (gospel songs e spirituals), d’ispirazione cristiana:
  • Dal blues, canto di genere profano e di carattere per lo più nostalgico e triste
  • Dal ragtime («tempo stracciato»), altro importante elemento di natura non più vocale ma strumentale, che contribuì sempre alla formazione del jazz

Worksong
Gli schiavi neri catturati in Africa e portati soprattutto negli Stati sudisti dell’America del Nord (Georgia, Louisiana, Virginia) erano costretti a lavorare tutto il giorno e senza alcun diritto civile. A loro era concessa soltanto la libertà di cantare: le lunghe ore di fatica nei campi di cotone erano tristemente ritmate dai canti di lavoro, che intonavano insieme ricordando i ritmi della lontana terra africana.
Spesso erano incatenati fra loro, specialmente quando dovevano lavorare per costruire strade ferrate, per cui questi canti, oltre ad avere una funzione liberatoria e di sfogo, servivano a segnare il ritmo per fare tutti contemporaneamente gli stessi movimenti.
Questi canti di lavoro, o worksongs, si possono differenziare in base alla situazione lavorativa in cui gli schiavi si trovavano:

  • plantation song “canto di piantagione”, eseguito durante il lavoro nelle piantagioni:
  • chain-gang song “canto delle catene”, eseguito durante la costruzione di strade ferrate e con le catene ai piedi. Ascolta un esempio di chain-gang song.

I canti erano quasi sempre improvvisati, cioè inventati al momento, e il più delle volte erano eseguiti in forma responsoriale, cioè una persona iniziava una frase musicale e gli altri rispondevano con altre frasi.

I gospel Song
l gospel song (da God’s spell “parola di Dio”) sono canti ispirati alla Bibbia che i neri cantavano durante le funzioni religiose.
Solo i pastori protestanti infatti trattavano con un po’ di umanità questi schiavi e, nella speranza di convertirli, permettevano loro di entrare in chiesa per assistere a particolari funzioni religiose, celebrate a parte, e lasciavano che cantassero i canti dei bianchi a modo loro.
Ascolta, ad esempio, la dolce melodia “Amazing Grace” (Grazia stupefacente) nella versione del Original USA Gospel Choir, antico e famoso gospel natalizio che divenne un inno dei neri d’America grazie all’interpretazione della cantante Aretha Franklin.

Gli spiritual
Ma la spiritualità della gente di colore non si esprimeva solo nei momenti di celebrazione che si svolgevano nelle chiese.
Di sera, quando potevano, si riunivano nell’aia per cantare tutti insieme melodie lente e malinconiche, sommesse e discrete; cantavano piano per non disturbare il sonno dei “padroni”.
Da queste melodie improvvisate nacquero gli spiritual, canti spirituali che parlavano delle loro sofferenze e del gran desiderio di “tornare a casa”, cioè di sfuggire a quella terribile condizione di miseria e di schiavitù anche a costo di morire.
Le caratteristiche musicali degli spiritual sono:

  • Forma responsoriale (una persona intonava una frase e gli altri continuavano rispondendo);
  • Frequente ripetizione delle frasi con piccoli cambiamenti (variazioni);
  • Accompagnamento ritmico fatto con il solo battito delle mani (i pastori protestanti avevano proibito agli schiavi l’uso di strumenti a percussione perché ricordavano troppo i riti pagani che praticavano in Africa).

Ascolta, ad esempio, il tradizionale “Standing at the judgement” (Aspettando il Giudizio universale), un antico spiritual basato sulla ripetizione di quattro brevi frasi.

Il blues
Il blues è una fondamentale espressione della musica nera che iniziò a diffondersi nella seconda metà dell’Ottocento e che ebbe in seguito una grandissima popolarità; è essenzialmente un canto dal ritmo particolare che esprime quasi sempre uno stato d’animo malinconico (blue in inglese ha anche il significato di “malinconia”).
Mentre lo spiritual è l’espressione dolorosa di un popolo che, aggrappandosi alla religione, cerca conforto e speranza in un domani migliore cantando in coro, nel blues invece è l’uomo singolo che parla delle sue sofferenze e della sua misera condizione di emarginato, riuscendo a volte anche a fare dell’ironia sulla sua sorte.

Le caratteristiche musicali del blues sono:

  • Le parole sono ripetute più volte e spezzate da lunghe pause (breaks), per sottolineare i fatti narrati e per darsi il tempo di inventare nuove frasi (improvvisazione);
  • Generalmente è formato da tre frasi musicali, di cui le prime due uguali, per un totale di 12 battute;
  • La melodia è costruita sulla scala blues, ovvero su una successione di suoni che non sono disposti né in modo maggiore né in modo minore, ma cosi:

Il terzo e il settimo grado risultano abbassati di un semitono rispetto alla scala maggiore. L’abbassamento di queste due note, le blue notes (da cui trae il nome), conferisce all’insieme melodico un carattere di incertezza e di instabilità, nonché di tristezza.
Ascoltate “Everyday I Have The Blues” di B.B King brano che racchiude quasi tutte le caratteristiche a cui abbiamo accennato:

  • un carattere triste e malinconico;
  • una costruzione musicale in tre frasi per un totale di dodici battute;
  • la ripetizione del primo dei due temi;
  • l’uso della scala blues;
  • il ritmo sincopato.

Il ragtime
Un altro importante elemento di natura non più vocale ma strumentale, che contribuì sempre alla formazione del jazz, fu il ragtime («tempo stracciato»), diffusosi a cavallo tra l’800 e il 900, sempre presso i negri della zona sud orientale degli Stati Uniti: musica prevalentemente pianistica, caratterizzata da una linea melodica quasi sempre con il ritmo sincopato.
Per la sua struttura e il suo tipico ritmo in 2/4, certamente il ragtime è da considerare come una prima forma embrionale di jazz. Ebbe come suo principale esponente il leggendario Scott Joplin di cui vi propongo The Entertainer brano reso ancora più famoso dal film La stangata (The Sting) del 1973 diretto da George Roy Hill, con Paul Newman e Robert Redford, vincitore di 7 premi Oscar tra cui quello per la miglior colonna sonora costituita da una serie di celebri ragtime rielaborati da Marvin Hamlisch.

L’ingrediente principale del jazz: L’improvvisazione
I brani eseguiti fin dall’inizio si basarono prevalentemente sull’improvvisazione: gli esecutori cioè si limitavano a seguire un vago schema armonico preordinato e su di loro inventavano frasi melodiche caratterizzate da una forte vivacità ritmica anche perché non sapendo né leggere né scrivere musica, suonavano a orecchio e quindi improvvisavano; usavano gli strumenti tradizionali in modo totalmente diverso, sperimentale (il pianoforte, per esempio, veniva usato dai neri quasi come uno strumento a percussione che serviva a portare il ritmo con gli accordi).
Tali improvvisazioni potevano svolgersi sia in forma solistica che collettiva: in questo secondo caso essa avrebbe in seguito acquistato il nome di jam session (che probabilmente deriva da “Jamu”, una parola Youruba in Africa occidentale che significa “insieme in concerto”, in quanto prodotta dall’incontro, anche casuale, di vari musicisti di jazz che suonavano assieme cercando da un lato di mettere in luce le loro singole qualità e dall’altro di dare luogo ad una fusione musicale coerente e gradevole.

New Orleans
Senza dubbio, una parte importante nella nascita del Jazz ebbero le orchestre e le band nere del sud degli Stati Uniti, e in particolare di New Orleans, sul fiume Mississippi.
Attrezzate con strumenti recuperati dalle bande militari della guerra civile, comprati usati a prezzi stracciati o a volte persino costruiti utilizzando oggetti di uso comune, suonavano in tutte le varie occasioni sociali: pranzi, danze, durante i viaggi sui battelli che risalivano il Mississippi e nei cortei funebri.
Questi ultimi erano ben diversi da come noi possiamo immaginare un funerale: soprattutto al ritorno dalla sepoltura, le bande suonavano su ritmi indiavolati e veloci: un esempio dei pezzi suonati in queste occasioni è il ben noto When the Saints Go Marchin’in

Le prime band
Le prime orchestrine (dette band) erano in genere caratterizzate da una sezione melodica costituita da cornetta, clarinetto e trombone e da una sezione ritmica con banjo, chitarra e bassotuba.
Intorno al 1910, quando le orchestre jazz iniziarono a esibirsi soprattutto nei locali pubblici, entrarono in scena nuovi strumenti quali il contrabbasso (al posto del basso-tuba) e il pianoforte, mentre i tamburi si moltiplicarono dando origine alla batteria.

lo stile Dixieland

Ma a New Orleans, nei quartieri di baracche dove abitavano, trovavano ospitalità anche uomini bianchi senza lavoro che, pur di guadagnare qualcosa, non disdegnavano di far parte di qualche “band” della gente nera. Anche se la gente “bene” continuava a considerare i neri come esseri inferiori, in queste orchestre improvvisate non vi erano barriere sociali e la passione per la musica accomunava poveri emarginati bianchi o neri. Quando cominciarono a formarsi delle orchestre jazz di soli bianchi, nacque lo stile Dixieland, letteralmente ‘Jazz della terra di Dixìe”, ovvero del sud, che poi rimarrà a indicare il jazz tradizionale suonato dai bianchi. La prima orchestra Dixieland si formò nel 1913. Ascolta una jazz band Dixieland a New Orleans.

I primi jazzisti e la cattiva reputazione del Jazz
Da New Orleans provengono pionieri come Jelly Roll Morton, Joe “King” Oliver e soprattutto Buddy Bolden che dopo aver formato una band nel 1895 viene considerato il primo jazzista della storia.
Un ruolo predominante lo ebbe il quartiere di Storyville che tra il 1886 e il 1917 fu teatro di delinquenza, di prostituzione e di questa nuova musica che veniva suonata in ogni locale e in ogni angolo di strada.
Probabilmente è a questo che si deve la pessima reputazione che nei primi tempi aleggiava sul jazz.

Diffusione del jazz
Capitale del jazz rimase fino al 1917 New Orleans. In quell’anno il governo chiuse, per ragioni di ordine pubblico, quasi tutti i locali dove si suonava il jazz. I singoli musicisti e le varie band si trasferirono in altre città (soprattutto Chicago, ma anche New York e altri centri) e la hot-music (come veniva chiamato il jazz dai suoi protagonisti) iniziò a diffondersi in tutti gli Stati Uniti.
Un fatto che sembrava poter mettere in crisi il jazz, con la chiusura dei luoghi in cui abitualmente si eseguiva, divenne al contrario una grande occasione per la sua diffusione in tutti gli Stati Uniti.

Il jazz arriva in Europa
Sempre nei primi decenni del ‘900, altri gruppi di musicisti neri si formarono a New York e tra questi emerse l’orchestra di 12 elementi (big band) di un nuovo grande musicista di colore, Duke Ellington (foto a DX), il primo vero “compositore colto” che conosceva la musica e che la scriveva prima di suonarla, pur lasciando ampi spazi alla libera improvvisazione.
Dopo la Prima guerra mondiale, quindi, il jazz si diffuse in tutti gli Stati Uniti, ma durante il periodo della crisi anche le attività musicali subirono un arresto: sia Duke Ellington con la sua big band, sia Louis Armstrong (un altro grande musicista che conosceremo meglio più avanti) con la sua jazz band pensarono bene di recarsi in Europa, dove la loro musica si diffuse rapidamente e con grande successo.
In Europa si guardava con grande interesse al jazz e gli artisti che venivano sul continente a dare concerti ricevevano ottime accoglienze, rese ancora migliori dalla relativa assenza della segregazione razziale e dei pregiudizi che ancora imperavano in America.
Un ruolo molto importante per la diffusione del jazz in Europa lo ebbero anche le orchestre militari americane e le orchestre “nere” del corpo di spedizione americano sbarcarti nel vecchio continente per le due guerre mondiali.
Ascoltate un grande successo di Duke Ellington, un brano strumentale eseguito con la sua big band. Si intitola Take the A train (“Attaccate al Tram!”) e in esso non sarà difficile riconoscere l’alternarsi di due parti A e B nelle quali il tema viene esposto dapprima semplice e poi con molte variazioni (improvvisate).

Gli stili del Jazz

lo stile Chicago
Lo stile Chicago è il diverso modo dì suonare di quei musicisti neri che, in cerca di lavoro durante il periodo della crisi (attorno al 1929), si erano spostati da New Orleans verso il nord (precisamente a Chicago, sul lago Michigan) e avevano dovuto adattare la loro musica ad una società più esigente e più frivola. Qui si formarono piccoli gruppi strumentali da cinque a sette esecutori e il jazz diventò più allegro e ballabile per assecondare la voglia di divertirsi degli americani.
Il massimo rappresentante di questo nuovo modo di suonare fu Louis Armstrong, che diventerà poi famoso in tutto il mondo con il soprannome di “Sachmo“, il primo a rendere predominante la figura del solista
Ascoltiamo Louis Armstrong in un’esecuzione dal vivo di I Can’t Give You Anything But Love («Non posso darti altro che amore») risalente al 1929 (l’anno della grande crisi economica americana). Notate con quale maestria Armstrong suona la tromba. Il timbro rauco e dirty (sporco) della sua voce che imita il fraseggio della tromba, l’uso di figurazioni ritmiche sincopate, l’importanza del ritmo e delle percussioni, la ballabilità “lo swing“, di tutto il brano e infine l’armonia più facile e già più occidentale.
Le parole cantate da Armstrong sono tratte da un’omonima canzone del 1928, ma la sua versione melodica è “improvvisata” e quindi diversa dall’originale.

Louis Armstrong

Louis Armstrong è stato uno dei musicisti più influenti nel storia del jazz. Una mente geniale, un talento indiscutibile e inoltre una persona gentile, aperta, solare, pronta allo scherzo e all’autoironia. E’ stato un grande trombettista, ma non va minimizzato il suo contributo al canto jazz.
Nato il 4 agosto 1901 a New Orleans, di famiglia poverissima, a 11 anni finì in riformatorio, dove imparò a suonare la cornetta. In pochi anni divenne bravissimo e richiesto nelle migliori band. Dagli anni ’30 in poi la sua popolarità e il suo successo non fecero che aumentare. Armstrong raggiunse il grande pubblico dei bianchi e calcò le platee più raffinate, incise dischi che furono sempre dei grandissimi successi, partecipò perfino a numerosi film di Hollywood, diventò una stella internazionale girando con la sua orchestra o come solista nei locali più prestigiosi d’America e in tour in tutto il mondo.
La sua fu una straordinaria carriera di successi. Degli anni ’50 sono le incisioni dei duetti con Ella Fitzgerald, che gli aprirono la strada al pubblico più commerciale, quello che lo ha poi conosciuto come l’interprete indimenticabile di canzoni tipo “Hello Dolly!” o “What A Wonderful World“. Morì nel 1971.

lo Swing
Nel 1935 un famoso clarinettista e direttore d’orchestra bianco di New York, Benny Goodman, presentò una grande orchestra formata da musicisti bianchi e neri, la Swing band, ovvero una big band che suonava musica “facile” e ballabile sempre per soddisfare le esigenze del pubblico americano che aveva voglia di divertirsi.
L’organico strumentale di questo nuovo tipo di orchestra, presto imitato da molte altre, prevedeva circa diciotto strumenti con una prevalenza netta dei fiati (4 trombe. 4 tromboni, 5 sassofoni, un clarinetto, una chitarra, un contrabbasso o un basso tuba, un pianoforte e la batteria). Fu la prima volta che nel jazz comparve ufficialmente il termine Swing; letteralmente significa “dondolio” e indica quel movimento oscillante suggerito dal ritmo e dagli accenti propri del jazz. La musica swing delle big band di Duke Ellington e di Benny Goodman ebbe un enorme successo sia in America che in Europa.
Ascolta la swing band di Benny Goodman che esegue Jingle Bell in una particolare versione strumentale del 1935 tipicamente swing, facile e ballabile, eseguita nei locali durante le feste natalizie di quegli anni.

Il bebop
Fra il 1935 e il 1940 si assiste ad un decadimento della musica jazz causato da:

  • una rapida diffusione dei mass media (radio, televisione, industria discografica) che chiedono musica “di consumo”, cioè da “consumare” velocemente;
  • una trasformazione della musica swing in musica commerciale molto ripetitiva e priva di originalità (l’era dello swing” comunque durerà fino al 1945);
  • la perdita, da parte della musica jazz, del suo carattere di musica “nera”, perché ormai eseguita da molti bianchi che la privano dei contenuti espressivi propri della gente di colore.

Come reazione all’uso consumistico del jazz, attorno al 1940 si fece strada un nuovo stile: il bebop (o semplicemente bop). Questo stile segna la riappropriazione della musica jazz da parte dei neri ed è il punto di partenza del jazz moderno.
Le sue caratteristiche principali sono le seguenti:

  • spariscono le big band in favore di piccoli gruppi che ricordano le jazz band dì New Orleans e si ispirano all’hot jazz (jazz caldo), cioè quello vero, originale di New Orleans;
  • la musica perde il carattere di musica da ballo per tornare a essere musica da ascoltare;
  • le melodie si fanno più aspre, difficili e poco cantabili;
  • le armonie partono da giri armonici di melodie standard molto note (I’ve Got Rhythm di George Gershwin è uno di questi standard) ma variate con la tecnica dell’improvvisazione.

Charlie Parker
L’iniziatore di questo stile fu Charlie Parker, musicista di colore che ebbe una vita breve e infelice. Charlie Parker era soprannominare Bird (uccello) per la sua straordinaria abilità nel suonare il sassofono; tra le sue composizioni più originali ne troviamo una che si intitola Ornithology (Ornitologia cioè lo studio degli uccelli) proprio riferita al suo soprannome.
La melodia standard da cui parte Ornilhology è quella di How high the moon del 1940 di Morgan Lewis.

L’HARD BOP E IL COOL JAZZ
L’hard bop (bop duro, difficile) e il cool jazz (jazz freddo, calmo) sono due nuovi stili del jazz strumentale che si svilupparono negli anni Cinquanta e Sessanta partendo sempre dal bebop.
I musicisti più rappresentativi di queste nuove tendenze furono rispettivamente John Coltrane e Miles Davis.
Di John Coltrane, musicista e sassofonista di colore vissuto negli Suni Uniti tra il 1926 e Il 1967, ascoltate Giant Steps (Passi da gigante), un brano del 1960, sicuramente non facile da capire, ma interessante per comprendere lo stile dell’hard bop.

Un esempio di cool jazz è Blue In Green del 1959 di Miles Davis, in realtà una risposta “tranquilla” alle eccessive complicazioni armoniche e melodiche dell’hard bop.

LE ULTIME TENDENZE
Nella seconda metà dci Novecento il jazz è ancora prevalentemente strumentale e diventa free jazz (jazz libero) e fusion (cioè jazz contaminato da altri generi). Il free jazz nasce come reazione al cool jazz e tende a all’assoluta libertà espressiva, ispirandosi all’autentica cultura afroamericana.
Il genere fusion invece è una miscela musicale di varie tendenze cucite insieme: jazz e funk, jazz e rock, jazz e pop.
Ascoltiamo un esempio di jazz fusion, Phase Dance di Pat Metheny tra i più famosi e apprezzati chitarristi jazz in attività, fondatore, nonché leader, del Pat Metheny Group.
Pat Metheny ha dichiarato che suona la musica che gli piacerebbe ascoltare, per cui la sua musica, come possiamo ascoltare anche noi, risulta contaminata da numerose influenze, classiche ed esotiche. In particolare, tra le altre, si annovera anche la musica brasiliana.

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