Io vagabondo è un grande successo della musica italiana ed è sicuramente il cavallo di battaglia della storica band dei Nomadi, nata nel 1963. Il brano, scritto da Alberto Salerno (testo) e dal bassista Damiano Dattoli (musica), è stato lanciato dai Nomadi nel 1972 nella manifestazione Un disco per l’estate dove, però, si classificò solo tredicesimo. Il successo popolare, invece, fu grande fin da subito ed il 45 giri che conteneva anche “Eterno” superò 1.000.000 di copie vendute. In seguito, la canzone, fu inserita nella cassetta “Stereo 8” che portava l’omonimo titolo del brano. Negli anni successivi, poi, il brano è diventato un vero e proprio simbolo della band che l’ha incisa in diverse versioni e pubblicata più volte nelle varie raccolte. Inoltre, dal 1972 ad oggi, il brano è sempre stato il punto più atteso di ogni esibizione live del gruppo fondato da Beppe Carletti, tutt’ora in formazione, e da Augusto Daolio, voce storica della band scomparso nel 1992. Esiste anche la versione spagnola del brano (1973) intitolata “Yo vagabundo”, pubblicata su 45 giri nello stesso anno in Spagna, e per la prima volta in Italia su CD nell’album The platinum collection (2003). Un’altra versione particolare è quella del 1995 pubblicata nell’album “Tributo ad Augusto” dove il brano viene cantato live dal pubblico sulle note suonate dal vivo dal gruppo.
Nel corso degli anni tante sono state le cover prodotte da altri artisti come il duetto di Gianna Nannini con i Timoria pubblicata anch’essa in “Tributo ad Augusto” del 1995, quella di Rosario Fiorello sempre del 1995 nell’album “Finalmente tu”, quella di Ornella Vanoni del 2001 per l’album “Un panino una birra e poi…”, o quella dei Matia Bazar del 2007 per l’album “One1 Two2 Three3 Four4”. Inoltre, nel 2004, è stata lanciata anche una versione dance del brano remixata da Roberto Giordana.
Un grande successo, quindi, che rappresenta le riflessioni di un uomo che si ritrova vagabondo senza soldi né casa e tra i ricordi d’infanzia ed un futuro incerto si affida alla fede in Dio, ovvero, tutto ciò che gli è rimasto. Un destino beffardo che non poteva immaginare nell’ingenua età della fanciullezza. Un testo straordinario trasformato in un capolavoro immortale dalla voce di Augusto Daolio e da un gruppo di grandi professionisti della nostra musica, una formazione che, seppur cambiata varie volte in quasi tutti gli elementi non perde mai la sua identità e la sua qualità artistica.
Fonte: Marco Liberti blog