L’Ottocento
Quadro storico
Dopo la Rivoluzione francese e l’avvento di Napoleone Bonaparte, con il Congresso di Vienna (1814-1815) le potenze europee mettono in atto la Restaurazione.
È un ritorno all’antico regime, alla situazione precedente la Rivoluzione francese, ma in molti territori scoppiano moti rivoluzionari, nel 1820-21 nel 1830 e nel 1848.
Alcune nazioni raggiungono l’indipendenza e nel 1861, dopo il periodo del Risorgimento, viene proclamato il Regno d’Italia. Inizia un forte processo di industrializzazione e si consolida il ruolo della borghesia.
Le Idee chiave
L’Ottocento, in particolare la prima metà del secolo, è l’età del Romanticismo, un movimento intellettuale e artistico che afferma una nuova concezione della vita e della cultura. L’ideale romantico rivaluta l’individuo ponendo al centro il sentimento e il lato passionale dell’uomo, contro la ragione tanto cara agli illuministi. La libertà individuale si esprime anche nella politica attraverso il desiderio di indipendenza e l’esaltazione dei concetti di popolo, patria e nazione. Si recuperano pertanto le tradizioni popolari e si riscopre il Medioevo, un’epoca di grande spiritualità, in cui si formano le identità nazionali europee. L’arte, superati i modelli di ordine e chiarezza propri della classicità, diventa espressione della fantasia, del sentimento e della creatività.
Generi e forme
Il melodramma continua a essere un genere molto amato dal pubblico, soprattutto in Italia con l’opera seria.
In ambito strumentale, acquistano grande spazio la musica a programma, per esempio con il poema sinfonico, e la musica da camera, con forme musicali più libere come Lìed, ballata, preludio, notturno, improvviso, capriccio, studio, polacca e valzer, spesso eseguite nei cosiddetti “salotti musicali“.
Strumenti
L’orchestra romantica assume dimensioni molto ampie, ma la scena musicale è dominata dal pianoforte, strumento prediletto dai musicisti romantici, in grado di esprimere la vena intima e sentimentale della musica e allo stesso tempo di esaltare il virtuosismo degli esecutori.
Compositori
Nel melodramma dell’Ottocento spiccano gli italiani Rossini, Verdi e Puccini. assieme a Bellini, Donizetti, Mascagni, Leoncavallo. il francese Bizet e il tedesco Wagner. Nella musica strumentale primeggiano Schubert, Berlioz, Mendelssohn. Chopin. Schumann. Liszt. Brahms. Cajkovskij e molti altri che appartengono alle varie scuole nazionali, sorte un po’ dovunque in Europa.
Luoghi
L’Italia mantiene il ruolo predominante per quanto riguarda il melodramma, che, con forme diversificate, trova spazio anche in Francia e in Germania. Vienna è la città che ancora all’inizio del secolo attira i più importanti musicisti, assieme a Parigi. Con le scuole nazionali salgono alla ribalta della musica europea nazioni come Boemia, Spagna, Norvegia, Finlandia e Russia, quest’ultima patria anche della più importante scuola di balletto.
Prima metà dell’800 – Il Romanticismo
Un nuovo “datore di lavoro” per i musicisti
L’età del Romanticismo coincide con gli anni in cui si afferma la borghesia a discapito dell’aristocrazia. Ciò determina un profondo mutamento del ruolo del musicista e ne condiziona l’attività. Alla figura del musicista-dipendente (che esaudiva le richieste del principe mecenate o della corte da cui era mantenuto) si sostituisce quella del musicista “genio romantico”, libero di esprimere sé stesso senza vincoli di dipendenza.
Tale libertà creativa comporta però anche aspetti problematici: da una parte viene meno la sicurezza economica propria della condizione precedente, dall’altra emerge la difficoltà di rapporto con il nuovo ed esigente «datore di lavoro»: il pubblico.
Tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, infatti, l’attività musicale si sposta progressivamente dalla corte aristocratica al teatro pubblico borghese, con ingresso a pagamento. È con questo pubblico, con i suoi gusti e le sue esigenze, molto più diversificate e mutevoli rispetto a quelle del pubblico aristocratico, che il musicista deve ora misurarsi e, spesso, scontrarsi.
Il Melodramma del primo ‘800
Nel quadro del romanticismo musicale il melodramma, l’opera teatrale, ha uno sviluppo particolare e una storia separata; si diffonde e prospera, infatti, soprattutto in Francia e in Italia, dove gli ideali romantici vengono assorbiti più tardi e in modo diverso rispetto all’Inghilterra e alla Germania.
Il melodramma ottocentesco, d’altra parte, rappresenta gli ideali e la cultura di un ambiente sociale diverso e più ampio rispetto alla borghesia salottiera del Nord Europa; il teatro d’opera è frequentato, anche come occasione di incontro, soprattutto dalla piccola borghesia cittadina, le cui aspirazioni sono meno «spirituali» e certamente più concrete: l’ideale romantico di «libertà» viene vissuto, ad esempio, non come un’aspirazione interiore, ma come aspirazione ad un’effettiva libertà politica. Se nel Settecento ci si recava all’opera per passatempo e ci si esaltava per la bravura dei cantanti ma nessuna attenzione si prestava alle vicende di eroi artificiosi, privi di qualsiasi realtà umana (eroi, quasi sempre, tratti dal mondo lontano del mito o della leggenda greca), nell’Ottocento si partecipa invece intensamente alla storia narrata e i personaggi vengono considerati, con le loro sventure e passioni, come modelli umani veritieri con i quali confrontarsi.
L’eroe acquista dunque una dimensione più autentica, più reale, e l’opera non è più soltanto una parata di melodie e di prodezze canore, ma teatro di sentimenti e di drammi che toccano in profondità la sensibilità dello spettatore.
Il melodramma italiano
Nel melodramma italiano si ritrovano i seguenti ideali:
- nelle vicende rappresentate, spesso a sfondo storico, viene esaltata la figura dell’eroe liberatore (ad esempio, Guglielmo Tell di Rossini) o il popolo in rivolta contro l’oppressore (I lombardi alla prima crociata di Verdi);
- il popolo è rappresentato in scena dal coro (molto noto è il coro «Va’ pensiero» dal Nabucco di Verdi).
Gli stessi ideali trovano poi conferma e ulteriore sostegno in una struttura musicale dall’andamento ritmico incalzante e dalla melodia orecchiabile e accattivante.
Il “Va, pensiero, sull’ali dorate” è uno dei cori più noti della storia dell’opera, collocato nella terza parte del Nabucco di Giuseppe Verdi, opera presentata per la prima volta, al Teatro alla Scala di Milano, il 9 marzo 1842. L’opera narra della prigionia degli ebrei e dell’oppressione durante la loro seconda deportazione; questa oppressione era la stessa che Verdi vedeva per gli italiani prima dell’unificazione, una metafora della condizione dell’Italia, assoggettata all’epoca al dominio austriaco; la censura di Vienna avrebbe certamente impedito la circolazione del brano, e da ciò scaturisce la scrittura allegorica. Il testo è del poeta Temistocle Solera che scrisse i versi ispirandosi al salmo 137, Super flumina Babylonis (sui fiumi di Babilonia).
Al funerale di Giuseppe Verdi, per le vie di Milano, la gente intonò il «Va, pensiero» in cori spontanei. È stato proposto anche come inno nazionale italiano, con alcune modifiche testuali, adottato anche dagli esuli istriani, fiumani e dalmati come inno del loro esodo dalle terre perdute dopo il secondo conflitto mondiale. Il cantante Zucchero l’ha reinterpretata in una versione bilingue italiano-inglese, con le parole modificate in più parti. L’anarchico Pietro Gori ha scritto sulla stessa musica del Va, pensiero, l’Inno del Primo Maggio.
Per approfondire la vita straordinaria di Giuseppe Verdi…
I “caffè concerto”
Nella seconda metà del secolo, parallelamente alla musica “colta” di saloni, circoli, sale da concerto e teatri, iniziò a diffondersi anche un tipo di musica più leggera e ballabile, di derivazione popolare, consumata nei caffè-concerto, o café chantant, locali pubblici a metà tra la sala d a concerto e la sala da tè, nei quali il pubblico pagante, sorseggiando bevande, si godeva le stravaganti esibizioni di attori comici, cantanti e musicisti.
La musica “leggera”, che avrà ancor più rilevanza nel Novecento, anche per la progressiva funzione che assumeranno nel secolo XX la radio e la televisione, diviene un fenomeno pubblico e commerciale, e nasce una nuova categoria di musicisti addetti specificamente all’allestimento di canzoni e ballabili.
Non vanno dimenticate altre fondamentali occasioni di vita musicale: la lotta politica, la guerra, e sul finire dell’Ottocento anche la protesta sociale e l’organizzazione delle masse lavoratrici. Fiorisce, in queste situazioni, un ricco patrimonio di canti popolari.
L’interesse per la cultura del popolo, tipica dell’Ottocento, porta alla scoperta delle danze rustiche e nazionali. Di qui la fioritura di valzer, mazurche, polacche e la valorizzazione di tradizioni come quella del Lied tedesco.
Il trionfo del Melodramma e del teatro
La forma di spettacolo più amata restava però il Melodramma, soprattutto quello “serio“, che vedeva teatri stracolmi e un entusiasmo tale che oggi potremmo paragonarlo solo al tifo sportivo negli stadi o all’esaltazione giovanile per un concerto rock. In questo secolo, la musica raggiunse una diffusione mai avuta prima, diventando patrimonio di tutti.
Nell’Ottocento infatti il teatro rappresentava un luogo di aggregazione per l’intera cittadinanza, che qui trascorreva la vita mondana. I ceti più ricchi ed eleganti occupavano i palchi, mentre nel loggione stava il pubblico più popolare (la platea a volte era anche adibita a pista da ballo).
Sebbene gli spettacoli iniziassero in tarda serata, gli spettatori arrivavano nel pomeriggio, si accomodavano nei palchi e qui si intrattenevano leggendo, chiacchierando, fumando e addirittura mangiando. Dietro ai palchi si trovavano infatti piccole cucine, dove la servitù preparava la cena ai cittadini benestanti.
In Italia il teatro d’Opera più importante è senz’altro il Teatro alla Scala di Milano; ricordiamo poi il San Carlo a Napoli, il teatro Argentina a Roma, La Fenice a Venezia, il Bellini a Catania, il Donizetti a Bergamo.
Il declino dell’Opera buffa
Mentre la musica strumentale italiana non ebbe particolare importanza nella cultura europea dell’Ottocento, il Melodramma consolidò la supremazia già ottenuta nel secolo precedente. Cambiarono tuttavia i suoi caratteri: a parte la maggiore importanza dell’orchestra, la principale novità fu il declino dell’Opera buffa, che ebbe il suo più grande esponente in Gioacchino Rossini (1792-1868).
Il successo dell’Opera drammatica
Grande diffusione ebbe l’Opera di tipo drammatico, basata su libretti che narravano fatti storici, secondo una caratteristica comune a tutto il Romanticismo. Tale orientamento divenne anche spunto, in Italia, per la diffusione di informazioni politiche, e in particolare delle idee risorgimentali di indipendenza e libertà. A questo orientamento è legato il nome di Giuseppe Verdi: il motto con cui il pubblico acclamava il compositore in teatro, “Viva VERDI!“, era in realtà un acronimo con cui gli spettatori volevano dire “Viva Vittorio Emanuele Re D’Italia“, sfuggendo così ai vincoli della censura austriaca.
Tra Rossini e Verdi si mosse una vasta schiera di musicisti, tra cui il bergamasco Gaetano Donizetti (1797-1848) e il catanese Vincenzo Bellini (1801-1835). Tra gli altri operisti italiani ricordiamo Arrigo Boito (1842-1918), che fu anche librettista (spesso per Giuseppe Verdi), e Amilcare Ponchielli (1834-1886).
Il Melodramma in Germania
La Germania non aveva avuto nei secoli precedenti una scuola del Melodramma come l’Italia e la Francia. Molti musicisti tedeschi cercarono comunque di darle vita e il più importante, Carl Maria von Weber (1786-1826), la cui opera maggiore è Il Franco cacciatore, scrisse uno dei primi esempi di Melodramma con testo in tedesco.
Con Richard Wagner (1813-1883), poi, tutto il mondo dell’Opera lirica, e non solo quello tedesco, subì una completa trasformazione (una riforma).
La riforma di Wagner
Le caratteristiche della “riforma” di Wagner sono: il legame tra musica e versi, che il compositore crea contemporaneamente; la “melodia infinita“, che sostiene l’intera opera (non più momenti musicali «chiusi» e slegati tra loro, ma parole, suoni e azioni che hanno un’unità indissolubile); i Leitmotiv (cioè i “motivi guida”), terni ricorrenti che evocano personaggi, sentimenti e situazioni.
Per esprimere al meglio le sue idee, Wagner si fece addirittura costruire un teatro apposito, a Bayreuth, diverso da tutti gli altri: egli fu infatti il primo a nascondere l’orchestra, sistemandola sotto il palcoscenico (nel cosiddetto “golfo mistico”) poiché trovava insopportabile che, accanto a un cantante in abiti antichi, vi fosse un violinista o un direttore d’orchestra in abiti moderni.
Non solo: Wagner fu il primo a pretendere che in sala, durante l’esecuzione, vi fosse assoluto silenzio.
Tradizionalmente infatti nei teatri si andava anche per chiacchierare, per incontrare amici, e durante la rappresentazione era normale girare tra i palchi, parlare ad alta voce, addirittura mangiare. Per Wagner il pubblico doveva partecipare alla rappresentazione, concentrarsi sul palcoscenico (per questo venivano spente le luci in sala), rimanere in silenzio come di fronte a un rito.
MUSICA STRUMENTALE
All’inizio dell’Ottocento, Beethoven chiude l’età classica e apre il nuovo periodo romantico. Il romanticismo musicale si esprime soprattutto attraverso composizioni strumentali nei paesi germanici.
Cresciuta in grandezza (dai 40 esecutori dell’orchestra classica agli oltre 100 di quella romantica) e nella sua composizione, l’orchestra trova larghissimo impiego nella musica del primo Ottocento, oltre che nella musica operistica, nell’esecuzione delle sinfonie.
Quest’ultimo genere musicale viene ampiamente frequentato dai musicisti romantici che, pur mantenendo fermo lo schema generale della forma classica (quattro movimenti), concentrano la loro attenzione sulle possibilità timbriche dell’orchestra sinfonica (un’attenzione analoga a quella dedicata dai pittori romantici ai diversi effetti cromatici ottenibili mediante l’impasto dei colori).
I caratteri della musica strumentale romantica
Ecco quali sono le caratteristiche principali e le innovazioni formali della musica strumentale romantica:
- La forma strumentale tipica del secolo precedente fu gradualmente modificata sino a venire del tutto stravolta; si fece ricorso a forme sempre più libere e più aderenti all’espressione romantica (Notturno, Improvviso, Scherzo, Capriccio…).
- Nacquero la “musica a programma” e i Poemi sinfonici su terni riguardanti vicende storiche, celebrazioni di eroi, descrizioni di paesaggi. Si utilizzavano anche le forme di danza tratte dal folklore musicale come la Mazurca, la Polacca, il Valzer, la Tarantella.
- Alla melodia i compositori dedicarono tutta la loro attenzione. Melodie molto cantabili sono quelle di Chopin, di Schubert (con i Lieder) e le Arie degli operisti italiani.
- Si affermò definitivamente il pianoforte, il cui timbro rispondeva alle esigenze espressive dei musicisti romantici.
- Nell’orchestra tutti gli strumenti vennero rivalutati e sfruttati al massimo delle loro possibilità tecniche: nacque il virtuosismo strumentale e gli esecutori stupivano il pubblico con la loro eccezionale bravura.
- Nell’andamento agogico si sfruttarono tutti i livelli estremi della velocità, dal molto lento al presto con fuoco e tutte le variazioni graduali (rallentando. accelerando). Si usarono sempre più spesso ritmi e velocità propri delle danze.
- Per quanto riguarda la dinamica, le sonorità sfioravano anche qui i livelli estremi (pianissimo e fortissimo) con tutte le variazioni graduali (crescendo e diminuendo).
- Nell’armonia si affermò la modulazione, cioè il passaggio da una tonalità all’altra; spesso la musica procedeva per intervalli minimi quali i semitoni, dando vita a lunghi passaggi “cromatici” (come la “melodia infinita” di Wagner).
I compositori romantici: Da Paganini a Brahms
Tra i più grandi compositori romantici ricordiamo Niccolò Paganini (1782- 1840), ritenuto peraltro il più grande virtuoso di violino di tutti i tempi.
In Italia, come nel resto d’Europa, il grande protagonista della musica romantica fu però il pianoforte: tutti i più grandi compositori realizzarono per questo strumento bellissime pagine di musica, da quelle incredibilmente difficili dell’ungherese Franz Liszt (1811-1886) a quelle preziose e delicate dell’austriaco Robert Schumann (1810-1856), o ancora a quelle piene di poesia del tedesco Franz Schubert (1797-1828).
Altri due grandi musicisti tedeschi scelsero ancora il pianoforte per le loro composizioni più ispirate: Felix Mendelssohn-Bartholdy (1809-1847) e Johannes Brahms (1833-1897).
Berlioz, Chopin e gli Strauss
In Francia, invece, il primo esponente del Romanticismo strumentale fu Hector Berlioz (1803-1869). La sua musica non incontrò un gran favore tra i contemporanei, che erano ancora troppo legati alla moda del Grand’Opéra. Essa, tuttavia, si può ritenere grandiosa, soprattutto nell’orchestrazione, dove inserì nuovi e numerosi strumenti; significativa al riguardo si può considerare la Sinfonia Fantastica.
Fryderyk Chopin (1810-1849), nonostante fosse polacco per nascita e nazionalità, trascorse quasi tutta la sua breve ma intensa vita a Parigi, dove scrisse i lavori migliori, destinati in gran parte al suo strumento prediletto, il pianoforte.
Alla città di Vienna resta invece legato il nome degli Strauss, soprattutto dei due Johann, padre e figlio, che dal 1830 inondarono l’Europa con i loro travolgenti Valzer sinfonici.
GENERI E FORME
Il Lied
Composizione caratteristica dell’Ottocento tedesco, il Lied («canto») testimonia il felice incontro tra le due espressioni artistiche più tipicamente romantiche: la musica e la poesia. La forma musicale del Lied, un canto eseguito da una voce solista con l’accompagnamento, generalmente, del pianoforte, segue infatti l’andamento dei versi e delle strofe di un testo poetico, tratto dall’opera di grandi poeti romantici, ma spesso anche dal vasto patrimonio di canti e poesie popolari che proprio allora, nello spirito del recupero delle tradizioni nazionali, venivano raccolti Anche il Lied, per le sue particolari caratteristiche musicali, ha come ideale ambiente di diffusione il salotto romantico borghese.
Fra i più noti autori di Lieder ricordiamo Schubert, Schumann, Mendelssohn e, più tardi, Johannes Brahms (1833-1897).
Notturno
In origine, brano per più strumenti o per piccola orchestra affine alla serenata, alla cassazione, al divertimento (celebri in quest’ambito i notturni di Haydn e di Mozart, del quale è da ricordare anche la celeberrima Eine kleine Nachtmusik K. 525 per archi, del 1787), il notturno si trasformò nell’epoca romantica in una breve composizione affidata per lo più al pianoforte. Emblematici per la definizione del genere furono i 21 notturni di Chopin, che servirono da modello anche a Liszt. Tra le numerose composizioni per orchestra che recano il titolo di notturno, celebri soprattutto il notturno di Mendelssohn dalle musiche di scena per il Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare e i 3 Nocturnes di C. Debussy (Nuages, Fêtes, Sirènes). Già con questi esempi, tuttavia, al notturno viene a mancare una precisa connotazione strutturale e il termine assume un generico carattere evocativo e suggestivo, al di fuori di qualsiasi tradizione stilistica e formale.
Polacca
Danza nazionale della Polonia, di carattere solenne e festoso, di ritmo ternario e di tempo moderato, nota anche col nome francese di polonaise. Contrariamente ad altre danze slave non ha origine popolare, ma, a iniziare dal Cinquecento, una ricca documentazione nell’ambito della musica colta. Solo dal Settecento, tuttavia, la forma presenta le caratteristiche strutturali che le rimarranno tipiche; significative in questo senso sono le polacche di Bach e di Händel, che aprirono la via a una tradizione illustrata dai nomi di Mozart, Beethoven, Schubert, Weber, Liszt. Ma è indubbio che le polacche più celebri, oltre che artisticamente più significative, sono quelle di Chopin, che ne fece un simbolo dei valori più profondi dell’animo polacco.
Mazurca (o mazurka)
Danza nazionale polacca, in metro ternario e in movimento moderato, caratterizzata da un accento sul secondo o sul terzo movimento di ogni battuta. Diffusa in Europa nel Settecento (prima in Germania, poi in Francia e in Inghilterra), fu introdotta nella musica d’arte da F. Chopin; celebri anche le mazurche di Tchaikovsky.
Capriccio
Nel Rinascimento erano definiti capricci composizioni vocali polifoniche presentanti qualche singolarità nel testo, nel ritmo o nel carattere scherzoso, e, più spesso, un pezzo strumentale per organo, cembalo o complesso. Soprattutto era notevole, nel sec. XVII, il legame con gli strumenti a tastiera: in G. Frescobaldi, e altri contemporanei il capriccio ha una precisa struttura formale. Ma già nel sec. XVIII prevalse nuovamente il significato indeterminato, per cui il titolo giustificava ogni atteggiamento un po’ singolare: così J. S. Bach intitolava Capriccio sopra la lontananza del fratello dilettissimo un pezzo formato da varie sezioni liberamente accostate con intenti descrittivi.
Oltre che nella letteratura per tastiera, il capriccio ricorre sovente in quella violinistica, dove ha assunto, nel corso del sec. XVIII, il significato di pezzo di elevatissimo virtuosismo (come i celebri 24 Capricci op. 1 di N. Paganini).
Nella letteratura pianistica invece il termine capriccio mantiene la sua accezione generica: ne composero Mozart, Beethoven, Mendelssohn, Brahms. Come brano orchestrale infine capriccio assume nel sec. XIX un significato folcloristico (Capriccio spagnolo op. 34 di Rimskij-Korsakov, Capriccio italiano di Tchaikovsky). Tra i capricci di compositori contemporanei va ricordato almeno il capriccio per pianoforte e orchestra (1929) di Stravinskij.
Il valzer
Il valzer, così come lo conosciamo oggi, nacque in Germania e in Austria, tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento. Infatti, la parola “valzer” viene dal tedesco “walzen“, cioè “girare“. All’epoca, durante i balli di corte e le feste aristocratiche si ballava il minuetto, un ballo rigido e formale, il valzer invece era un ballo dei strati bassi del popolo.
Inizialmente, molti erano scandalizzati da questo nuovo ballo perché i ballerini danzavano a stretto contatto l’uno con l’altra, in una sorta di abbraccio. Fu ritenuto un ballo volgare, ma ciò nonostante divenne presto una moda che conquistò tutti, anche negli strati più alti della società.
Il famoso compositore viennese Johann Strauss (1825-1899) compose ca. 200 valzer ed è noto proprio come “re del valzer“. La sua più famosa composizione è il valzer “An der schönen blauen Donau” (“Sul bel Danubio blu“). Con Johann Strauss nasce il “valzer viennese” che da allora in poi non mancò più a nessun festeggiamento della corte degli Asburgo.
Fonti:
Bibliografia:
- Musica live (Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori)
- C’è Musica per tutti ((Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori)
- Sonora (Minerva Scuola)
- Fantasia e Musica – Step by Step (Mondadori Education)
- In musica (Mursia Scuola),
- Nuova storia della musica di Riccardo Allorto (Ricordi)
Sitografia:
- Musica a scuola – www.musicaragazzi.altervista.org/index.html
- L’ora di Musica (Bernardino Cagliero) – www.oradimusica.it
- Wikipedia, l’enciclopedia libera – it.wikipedia.org
- Sapere.it L’enciclopedia De Agostini – www.sapere.it