Quadro storico
Nel corso del Novecento a periodi di pace si alternano guerre, invasioni e agitazioni popolari. Nella seconda parte del secolo, segnata dalla guerra fredda, si verificano conflitti regionali, come in Vietnam e nei Balcani, disastri ecologici e profondi cambiamenti culturali.
Il movimento di contestazione del 1968 influenza notevolmente anche le espressioni musicali, mentre il continuo progresso tecnologico e scientifico produce miglioramenti nei vari campi del sapere, compreso quello della riproduzione dei suoni.
Le Idee chiave
Durante il Novecento, con lo sviluppo dei mezzi di comunicazione di massa, in campo musicale acquista notevole importanza la musica di consumo. Essa comprende quei brani di carattere facile e orecchiabile, scritti con il semplice scopo dì intrattenere e divertire il pubblico: per questo motivo viene definita “leggera“. La musica leggera, in inglese musica pop, si distingue sia dalla musica colta, che richiede uno sforzo compositivo maggiore, sia dalla musica etnica, riferita soprattutto alla tradizione orale popolare. In realtà, le distinzioni non sono così nette e spesso si assiste a una mescolanza di generi, in cui grandi musicisti compongono musica di intrattenimento. spesso ispirati da motivi popolari, mentre autori di musica leggera si interessano alla musica colta o scrivono testi di forte impegno sociale. Emerge la figura dell’interprete, del cantante, che spesso diventa un vero e proprio idolo delle folle.
Generi e forme: Rock, pop, leggera
Nell’ambito della musica leggera si affermano stili e generi diversi, fra cui il rock, da cui derivano l’hard rock, l’heavy metal e il punk; la musica beat, il folk e il country statunitensi, il reggae giamaicano e il rap. La principale forma compositiva è la canzone, spesso per voce solista con accompagnamento strumentale.
Strumenti
Lo strumento più utilizzato è la chitarra, sia nel modello classico e folk. sia nella versione elettrica. Nei gruppi musicali è solitamente affiancata dal basso, dalla batteria e dalle tastiere, con l’aggiunta, in alcuni casi, di qualche strumento a fiato o a percussione.
Compositori
Fra i maggiori interpreti di musica leggera, talvolta anche autori delle canzoni, ricordiamo gli americani Elvis Presley, Frank Sinatra, Bob Dylan, e i gruppi inglesi Beatles. RoIling Stones, Pink Floyd, Genesis e Queen. In Italia spicca la personalità di Modugno, accanto a Mina, Morandi, Celentano e alla tradizione dei cantautori iniziata con De André. Paoli. Gaber, Battisti. Conte, Dalla.
Luoghi
La musica leggera si sviluppa principalmente negli Stati Uniti e nell’Europa occidentale, in particolare nel Regno Unito. L’Italia mantiene una propria tradizione, in parte influenzata dagli stili internazionali.
IL ROCK: IL PIÙ GRANDE FENOMENO MUSICALE DEL ‘900
Il termine rock (dall’inglese to rock, “scuotere”, “far tremare”) è una contrazione di rock’n’roll (scuotiti e dondola) e ha indicato, soprattutto alle origini, un certo tipo di musica dei giovani in varie forme, anche molto diverse.
Esso nasce dal desiderio di ballare e divertirsi e, all’inizio, assume il giro armonico del blues, mentre la sua ripetizione dà vigore al ritmo e offre ai giovani la possibilità di scatenarsi sulle piste.
Si è sviluppato a cominciare dagli anni Cinquanta negli Stati Uniti e in Inghilterra; poi nel tempo si è diversificato in tante forme e generi, che cercheremo di conoscere più approfonditamente,
ALLE ORIGINI DEL ROCK
Il Rhythm And Blues
Il rock deriva dalla musica dei neri d’America e in particolare dal rhythm and blues (R&B), un jazz leggero, ballabile, con un ritmo cadenzato e trascinante. Inizialmente il rhythm and blues era solo strumentale, con prevalenza degli strumenti a fiato, ma in seguito, fra gli anni Trenta e Quaranta, è divenuto anche vocale e tale è rimasto fino agli anni Sessanta. Un esempio di rhythm and blues è Sland by me di Ben E. King.
La diffusione del rock fu agevolata anche dalle nuove tecniche di registrazione su dischi in vinile, un particolare tipo di plastica su cui erano incisi i solchi (microsolchi) che venivano poi letti da una puntina (pich up) e trasformati in suono. I dischi potevano essere letti a 33 giri al minuto oppure a 45 giri al minuto risultando quindi più veloci.
Negli anni Cinquanta e Sessanta furono questi ultimi a predominare, cioè i 45 giri, sui quali venivano incise solo due canzoni: su un lato quella importante e più curata, sull’altro quella minore. l 45 giri americani arrivavano facilmente anche in Italia e i nostri cantanti erano soliti riprendere le canzoni di maggior successo per farne delle versioni in italiano (COVER), come ad esempio fece Adriano Celentano proprio con Sland by me, che incise con il titolo Pregherò.
Il Boogie-Woogie
Stile jazzistico diffusosi intorno agli anni Trenta come derivazione pianistica del rhythm and blues (ma con un andamento più veloce e basato su un ostinato ritmico eseguito dalla mano sinistra), il boogie-woogie preparò la strada al successo del rock’n’roll.
Boogie Woogie è anche il nome di una ballo ed è una mescolanza di stili quali Charleston, Lindy Hop, Big Apple, Black Bottom e lo Swing.
Vediamo come si balla ascoltando il famosissimo In the mood, del 1939 eseguito dalla big band di Glen Miller.
Il Rock’n’roll
Il rock’n’roll (rock and roll, come abbiamo detto. scuotiti e dondola) si diffuse in America, anche come ballo, agli inizi degli anni Cinquanta cd è considerato la prima cd esclusiva espressione musicale del mondo giovanile.
Nato come musica dei ragazzi neri e poi adottato dai bianchi statunitensi, ha favorito l’emancipazione degli adolescenti (teenager) e un graduale avvicinamento tra bianchi e neri. All’inizio il rock’n’roll (R&R) fece scandalo perché:
- era un ballo sfrenato e scomposto;
- derivava dalla musica jazz dei neri (i pregiudizi razziali erano ancora molto forti):
- era la musica di giovani trasgressivi, il più delle volte malvisti anche dagli stessi genitori.
Elvis Presley
Ma proprio grazie alla sua carica rivoluzionaria, il R&R ebbe una diffusione inarrestabile e i discografici furono costretti a inserirlo nei propri giri di affari anche se, inizialmente. diedero più spazio agli artisti bianchi rispetto a quelli di colore.
Rappresentante tipico di quest’epoca fu Elvis Presley (1935-77), mitico cantante americano che trovò il successo commerciale sia nel mondo discografico sia nel cinema, interpretando a Hollywood ben 35 film in cui compaiono molti dei suoi brani migliori.
Vediamo un video per conoscere il fenomeno Elvis e ascoltiamo un suo grande successo Junailhouse Rock che dà anche il titolo a uno dei suoi film.
Il cinema. d’altronde. contribuì molto alla diffusione del rock e fu proprio un film del 1955 (Blackboard Jungle) a lanciare il primo grande successo del genere: Rock Around the Clock (che si può tradurre con Balla il rock per tutto il giorno) di Bill Haley.
Country e Folk
Negli Stati Uniti, attorno agli anni Sessanta, la musica rock si andava ispirando a generi musicali già esistenti, riadattati e modificati ritmicamente:
- la musica country (country rock), espressione della musica tradizionale bianca americana, legata alle campagne e alle praterie del Sud e dell’Ovest (country significa campagna);
- la musica folk (folk rock), musica legata alla tradizione delle società pre-industriali (folk significa gente) e nella quale le melodie venivano tramandate oralmente.
Sia nel country che nel folk i testi tradizionali lasciarono ben presto il posto a testi che denunciavano il disagio giovanile e le ingiustizie sociali.
Questo modello folk americano (rappresentato da artisti come Bob Dylan, Simon and Garfunkel, Joan Baez e Tim Buckley) ha portato a fenomeni continui di imitazione, caratterizzati da testi “impegnati” e dall’uso di strumenti tradizionali, anche in altri Paesi, come l’Inghilterra. Di Simon & Garfunkel ascoltiamo The sound of silence in una versione live del 1982.
Bob Dylan e la canzone di protesta americana
Gli anni Sessanta in America furono gli anni di Martin l.uther King e di John F. Kennedy. In questo periodo gruppi di giovani rivendicavano l’uguaglianza sociale e razziale; nella musica la protesta si fece sentire attraverso la voce di cantanti quali Bob Dylan e Joan Baez.
Bob Dylan, già nel 1962, accompagnandosi con la chitarra e con l’armonica a bocca, interpretava canzoni di protesta e di speranza. davvero inimitabili, come Blowing in the wind.
Dopo il 1964, Dylan passò a uno stile più melodico e meno aggressivo. rivolgendo l’attenzione alle sonorità degli strumenti elettrici e collaborando con altri famosi musicisti come George Harrison, ex Beatles. Tra i suoi brani più famosi e conosciuti Knock’in on heavens door (che ascoltiamo nella versione dei Guns N’ Roses)
https://www.youtube.com/watch?v=301w_flI0oI
La fine degli anni Sessanta fu anche il periodo dei grandi concerti di massa all’aperto (negli Stati Uniti, Monterey Pop nel 1967 e Woodstock nel 1969 (Woodstock Festival 1969); in Europa, l’isola di Wight nel 1970), che coincisero con una trasformazione radicale della cultura e dei costumi di un’intera generazione.
Il beat inglese – i Beatles
Il beat (dall’inglese beat, che significa battito) nacque nei primi anni Sessanta in Gran Bretagna come un rock semplice e poco impegnato che vuole rinnovare la tradizione della musica inglese ispirandosi al rhythm and blues e al rock’n roll.
Fu nel 1962 che il beat invase il mondo con Love me do, il primo successo dei Beatles, gruppo formato da John Lennon, Paul McCartney, George Harrison e Ringo Starr, quattro ragazzi di Liverpool che divennero subito un mito per tutti i giovani come il gruppo divenne un simbolo della musica beat.
l motivi per i quali furono cosi famosi e inimitabili sono tanti, ad esempio l’originalità dei brani (scrivevano loro testi e musica), la grande inventiva melodica, i testi ricchi di humour e sensibilità, a volte surreali, la capacità di sintetizzare il meglio della musica di quegli anni (blues, rock, ecc.) .
Il fenomeno del beat inglese e dei Beatles divenne in breve un movimento globale che coinvolse i teenager di tutto il mondo, anche nell’abbigliamento, nelle acconciature e nel linguaggio, fatto di contestazione e di ribellione.
Il 24 ottobre del 1965 ai Beatles fu conferito il titolo di Baronetti dell’Ordine dell’Impero Britannico (una vera follia per l’epoca, tanto che molti membri del “Most Excellent Order of the British Empire” restituirono il titolo), titolo che nel 1969 John Lennon decise di restituire per protestare contro il sostegno inglese agli Stati Uniti per la guerra in Vietnam. Nel 1967 i Beatles smisero di esibirsi nei concerti e fino al 1970 (anno in cui il gruppo si sciolse) continuarono solo la produzione discografica. Nel 1980 John Lennon venne ucciso con un colpo di pistola da un fanatico squilibrato. Lennon ci. lascia, come memorabile testamento spirituale, una delle più intense canzoni di lutti i tempi: Imagine.
Un altro gruppo inglese che si affermò nel mondo del beat, in contrapposizione ai Beatles, fu quello dei Rolling Stones (pietre rotolanti’) il cui capogruppo è ancora oggi Mick Jagger. Alcune loro canzoni son vere e proprie pietre miliari della storia del rock: Satisfaction (I can’t get no), Paint it black, Angie.
SVILUPPI DEL ROCK
Il Rock Underground
1 termine inglese underground significa “sotterraneo” e il rock underground è un genere legato alla cultura “sotterranea”, cioè non commerciale, delle metropoli americane, che già negli anni Sessanta anticipava il concetto di multimedialità, ovvero di spettacoli in cui potevano confluire tante forme artistiche (musica, poesia, pittura, recitazione, ecc.).
I Velvet Underground, ispirandosi all’arte del pittore americano Andy Warhol, ne sono stati gli esponenti migliori e più noti.
Dei Velvet Underground ascoltate Sunday Morning brano in cui si cela un sentimento di paranoia e d’ansia strisciante composto congiuntamente da Lou Reed (voce e chitarra) e John Cale (pianista) all’alba di una domenica mattina dopo una nottata passata a provare in studio. Fu proprio Andy Warhol a suggerire a Reed di inserire il tema della paranoia all’interno del brano.
Il Rock Progressive
In Inghilterra attorno agli anni Settanta, il rock underground diventa rock progressive, cioè rock progressista, d’avanguardia, che guarda alla musica “colta”. Questo genere esprime la ricerca di nuovi linguaggi musicali anche attraverso l’uso sperimentale delle strumentazioni elettroniche che si andavano allora affermando.
Gli esponenti migliori di tale corrente sono stati gli Yes, i King Crimson e i Pink Floyd.
Pink Floyd è il nome di un famoso gruppo nato a Londra nel 1965 e formato inizialmente da Roger Waters, Rick Wright, Nick Mason e Syd Barrett (che usci di scena nel 1968 a causa di una malattia mentale e sostituito dal chitarrista David Gilmour) che seppero trasformare la musica rock in concerti spettacolo e in film. Esempio in tal senso Another Brick In The Wall.
Il Rock Sinfonico
Il rock sinfonico è uno stile classicheggiante del nuovo rock inglese degli anni Settanta, il risultato dell’ambizione, spesso affascinante nei risultati, di dare al rock un respiro musicale più ampio, creando delle suite talvolta lunghe e riccamente orchestrale.
È dunque un progressive ancora più inserito in un contesto orchestrale, colto e ambizioso, che sperimenta fino in fondo le strumentazioni elettroniche.
In quest’ambito, gruppi come i Genesis (di Peter Gabriel e Phil Collins) e i Gentle Giant (dai tre fratelli Shulman, Derek, Phil e Ray) hanno saputo esprimere l’anima più accattivante e accessibile di questo genere. Per meglio capire il genere ascoltate dei Genesis Los Endos (storpiatura in finto spagnolo di the end).
La risposta USA a beat & rock made in UK
La risposta americana all’invasione del rock e del beat inglese si articolò in forme molto diverse. Gruppi come i Beach Boys e i Doors (anni Sessanta-Settanta) si avvicinarono allo stile inglese pur senza esserne dei semplici imitatori: altri, come i californiani Jefferson Airplane (sempre negli stessi anni), furono tra i protagonisti della scena di San Francisco, legata al diffondersi del movimento hippy. Infine, alcuni grandi solisti sono entrati nella leggenda del rock, come il chitarrista Jimi Hcndrix (1942-70).
Dopo un periodo di minore vitalità, il rock americano trovò, a partire dal 1975, un nuovo grande protagonista in Bruce Springsteen, che ancora oggi è considerato il più importante rocker americano contemporaneo. Soprannominato dai suoi fan The boss (II capo), Springsteen propone un rock grintoso e pieno d’energia, con testi di denuncia sociale e fortemente legali alle proprie radici americane. Di Springsteen ascoltate Mrs. McGrath (conosciuta anche come Mrs. McGraw) canzone contro la guerra basata su una Folksong di origine irlandese del 1815.
Hard Rock e Heavv Metal
Come si capisce dal nome, il rock si è fatto “duro” (hard) ed è caratterizzato da un uso massiccio di chitarre amplificate a dismisura, spesso distorte e rabbiose.
L’hard rock si diffuse a partire dagli anni Settanta in Inghilterra e in America e gruppi come i Led Zeppelin (del chitarrista Jimmy Page) e gli Aerosmith (del cantante Steven Tyler e del chitarrista Joe Perry di cui ascoltate Walk This Way) sono da considerarsi i più significativi del genere.
L’heavy metal (letteralmente metallo pesante) è invece più recente e unisce la forza dell’hard rock alla violenza di testi e tematiche ispirati alla letteratura horror (dark music), all’esoterismo e all’eccesso in ogni sua forma. Tra i gruppi promotori di questo genere possiamo ricordare gli Iron Maiden (del bassista Steve Harris, il fondatore) e i Deep Purple di cui vi propongo l’ascolto di Smoke on the Water tratto dall’album Machine Head, del 1972, considerato uno degli album più influenti e importanti della storia della musica rock.
IL ROCK OGGI
La musica rock ha continuato la sua evoluzione fino ai nostri giorni, sia nell’ambito di quello che potremmo più genericamente definire rock-pop, ovvero un rock facile e accessibile a tutti (con POP si intende un genere “popolare” di cui parleremo più avanti), con gruppi come gli inglesi Queen, guidati da Freddie Mercury e attivi a partire dagli anni ‘70, i Police di Sting negli anni ‘80 (di cui Every breath you take è uno dei brani più famosi), e poi gli irlandesi U2 (di cui vi propongo l’ascolto di Sunday Bloody Sunday), con il cantante Bono, o i più recenti Oasis dei fratelli Gallagher, sia con un filone più impegnato, che continua la tradizione della musica rock come ricerca di forme espressive elaborate: dagli inglesi Radiohead fino alle sperimentazioni della cantante islandese Bjork.
IL POP: GENERE POPOLARE
Con il termine pop music, o musica pop, si indica generalmente tutta la musica leggera, intesa come fenomeno di massa (il vocabolo inglese POP è l’abbreviazione di popular, che significa “popolare”).
L’espressione è più vicina, però, a “musica commerciale” o “musica leggera” che a “musica popolare” (a cui corrisponde invece in inglese il termine folk music).
Attualmente si tende a inserire nella musica pop tutti i generi musicali di consumo dal 1960 a oggi, situabili soprattutto nell’area inglese e americana.
MUSICA COME FENOMENO DI MASSA
La musica pop si caratterizza per i seguenti elementi:
- è destinata a un pubblico vasto quanto più è possibile;
- è di facile ascolto e poco elaborata, spesso ridotta a semplice intrattenimento;
- è destinata al consumo di massa;
- è di gradimento generale, diffuso, popolare.
Essa raggruppa in sé un insieme di tendenze musicali affermatesi a partire dal XX secolo, caratterizzale da un linguaggio relativamente semplice e in alcuni casi schematico. Questo tipo di musica, inoltre, è strettamente inserito nel circuito di diffusione commerciale mondiale con incisioni discografiche, video, festival, concerti, spettacoli, trasmissioni e reti televisive e radiofoniche. Se la semplicità del linguaggio musicale c il disimpegno tematico distinguono la musica leggera dalla cosiddetta “musica colta” la presenza di un’industria e di un mercato discografico la differenzia comunque dalla musica popolare vera e propria.
Fra le tante diversificazioni della musica pop troviamo il reggae, il rap (hip hop), il pop Ialino-americano e la disco music.
IL REGGAE
Il reggae, nato in Giamaica come genere povero, con testi riferiti a problematiche locali e religiose, dal parlato quasi incomprensibile, raggiunse in breve il circuito musicale internazionale a partire dagli anni Sessanta e fu la prima musica non angloamericana ad affermarsi in tutto il mondo.
È un genere particolare, caratterizzato dall’andamento moderato, dal ritmo in controtempo e attacchi in levare, dalla presenza costante del basso. Furono i disc-jockey dell’isola a creare il toasting, cioè l’abitudine di parlare sui dischi in modo ritmico (che è alla base del reggae e che poi porterà al rap) e questo perché la povertà spesso impediva di realizzare basi musicali apposite. Il reggae divenne ben presto una vera e propria fede, legata a una religione già esistente, il rastafarianesimo, e il giamaicano Bob Marley (1945-81) ne è stato definito il “Messia”. No Woman, no cry è la sua canzone più famosa ma ascoltando Jamming si capiscono meglio le caratteristiche del reggae.
Il Rap (Hip Hop)
L’hip hop è un movimento culturale nato nelle comunità afro-americane e latino-americane intorno agli anni Settanta nel quartiere del Bronx, a New York. Al centro del movimento si riconosce quel fenomeno noto con il nome di Block Party con il quale si definiscono le feste di strada dove i giovani afroamericani e latinoamericani ballavano, suonavano e cantavano improvvisando.
Un fenomeno collaterale che contribuì a dare un background comune all’hip hop fu quello dci graffiti sui muri. Il desiderio di comunicare e la vitalità espressiva di chi praticava il writing era tale che ogni superficie libera (muri dei palazzi, vagoni delle metropolitane ccc.) diventava uno spazio da personalizzare con disegni e scritte.
Negli anni Ottanta, le caratteristiche di questa nuova cultura hanno travalicato i confini statunitensi e hanno raggiunto tutto il mondo. Oggi, la cultura hip hop non è limitata solo alla musica, ma permea il mondo della danza, della moda e del design.
Il rap (rhythm and poetry, “ritmo e poesia”) è uno stile musicale nato negli Stati Uniti alla fine degli anni Sessanta ed è ormai diventato una componente fondamentale della cultura moderna. Il rap si può definire come l’espressione musicale della cultura hip hop e consiste essenzialmente nel parlare sopra una base musicale. Chi esegue questa tecnica si definisce MC (‘maestro di cerimonie” o freestyler), mentre il DJ è colui che accompagna l’MC. Insieme alla breakdance (lo stile di ballo tipico della cultura hip hop) e ai graffiti, rap e djing (DJ) sono i quattro elementi principali della cultura hip hop.
Musicalmente il rap consiste in una sequenza di versi molto ritmati, incentrati su tecniche come rime baciate, assonanze e allitterazioni. Chi scandisce tali versi, cioè il rapper, lo fa su una successione di note realizzata tramite il beatmaking, un generatore di suoni e ritmi beat. Questo beat è spesso creato usando lo stile percussionistico di un’altra canzone, generalmente funk o soul. Molti altri suoni sono di frequente campionati, suonati con un sintetizzatore o creati con strumenti veri. I testi delle canzoni affrontano per lo più tematiche a sfondo sociale. Ascoltiamo Hail Mary, un brano di Tupac (nato Lesane Parish Crooks, conosciuto anche come 2Pac, considerato uno dei più influenti rapper di ogni tempo).
Il Pop Latino – Americano
Con il termine POP latino-americano vengono denominati vari ritmi e generi, in gran parte caraibici, popolari in molte nazioni latino-americane. Tra questi, il più noto e diffuso è il genere salsa, di origine cubana.
Non è chiaro chi e perché abbia dato questo nome a tale genere, ma esso risulta in ogni caso appropriato, in quanto si riferisce, per l’appunto, alla “mescolanza” di sonorità e ritmi musicali diversi.
La salsa incorpora vari stili e varianti; il termine può essere utilizzato per descrivere quasi tutti i generi di derivazione cubana più popolari (come cha cha cha, rumba e mambo). E “salsa” è anche il nome del ballo comunemente danzato su questo tipo di musica.
Ascoltiamo una delle più note canzoni del repertorio di salsa cubana, cioè, Bailando di Enrique Iglesias (ft. Descemer Bueno, Gente De Zona).
Oggi il termine “latino-americano” spesso sta a indicare stili di danze sudamericane e canzoni commerciali destinate a “balli di gruppo“. Tra queste sicuramente Sofia di Alvaro Soler.
La Disco Music o Dance Music
Questa musica è nata per essere suonata in discoteca.
La disco music si è diffusa negli anni Settanta e consiste in una miscela di brani pop di successo, commerciali e ballabili. I maggiori rappresentanti sono stati Donna Summer, Barry White, Gloria Gaynor e i Bee Gees (uno dei gruppi più noti e di maggior successo della storia della musica pop ricordati soprattutto nel genere della prima Disco music e per aver composto la colonna sonora “La febbre del sabato sera “)
La dance music deriva dalla disco music ed è un riadattamento più moderno (basato in particolare sulle nuove tecniche elettroniche e ritmiche) della musica da discoteca. Sotto la grande influenza della disco music di origine nera, verso la fine degli anni Sessanta si è avuta l’esplosione di questa musica, con sonorità elettroniche fortemente ritmate e con melodie mollo orecchiabili ma prive di originalità. Questo genere comprende, in realtà, tutta quella musica attorno alla quale ruotano enormi interessi commerciali e di conseguenza è musica di produttori e studi di registrazione più che di autori e interpreti.
Musica pop e nuovi divi
Sempre più importante, inoltre, è diventato il ruolo del personaggio, del divo musicale, tanto che oggi l’industria discografica lancia continuamente nuovi cantanti, curandone nei minimi dettagli l’immagine (abbigliamento, trucco, stile, in una parola il look) e lasciando spesso in secondo piano l’aspetto più propriamente musicale.
Ne sono stati esempio negli ultimi decenni musicisti, anche molto validi, come Elton John e Prince, gruppi come gli Abba e veri e propri personaggi a 360° come Michael Jackson, destinato a diventare sempre più un mito dopo la sua prematura e drammatica fine (We are the world, You are not alone e Heal the world giusto per citarne qualcuno tra i brani più famosi).
LA MUSICA LEGGERA IN ITALIA
Perché “leggera”
Si definisce musica leggera tutta quella musica che normalmente è facile da cantare e da riprodurre, anche quando non si hanno specifiche conoscenze tecniche. Sotto questa definizione generica possiamo però trovare una miriade di generi e stili diversi. Al suo affermarsi nei primi decenni del Novecento contribuirono diversi fattori:
- la diffusione della stampa musicale;
- l’invenzione del fonografo, antenato del giradischi;
- la diffusione delle prime radio, che cominciarono a portare la musica in tutte le case;
- la diffusione di nuovi locali pubblici dove ci si poteva recare per ascoltare musica, come i café-chantants in Francia e i caffè-concerto in Italia.
La “canzone”
La canzone è la principale forma compositiva alla base di quella che verrà definita musica leggera, detta cosi in contrapposizione alla “serietà” della musica classica.
La canzone è una composizione destinata al canto, formata quindi da parole e musica. L’unione tra parole e musica è sempre esistita anche nella musica “colta”: basti pensare al canto gregoriano, all’oratorio, ai Lieder romantici e, soprattutto, all’opera lirica. È solo verso la fine dell’Ottocento, tuttavia, che inizia a diffondersi il modello di canzone cosi come è ancora oggi diffuso. Fra i suoi caratteri principali possiamo individuare:
- una melodia semplice, spesso costruita su ritmi di danze popolari;
- una struttura in cui si alternano strofe e ritornelli (A-B);
- un accompagnamento eseguibile anche da un solo strumento;
- un testo facilmente ascoltabile e ispirato a temi sentimentali o di impegno sociale.
La canzone melodica italiana
Nei primi decenni del Novecento. e in special modo fra le due guerre mondiali, in Italia si afferma la canzone melodica, un genere che discende direttamente dall’aria dell’opera lirica e dalla romanza ottocentesca, con testi sentimentali e “strappalacrime”.
La canzone di questi anni è quindi generalmente orecchiabile e cantata a piena voce, come, ad esempio, nel caso del famosissimo brano del 1934, Mamma, portato al successo da Beniamino Gigli, uno tra i più grandi cantanti lirici di tutti i tempi. Ascoltiamo questo brano eseguito da “Il Volo“.
La canzone napoletana
La canzone melodica italiana trova la sua migliore espressione nel repertorio della canzone napoletana, repertorio ricco e originale che è diventato ben presto patrimonio del mondo intero. La canzone napoletana è stata definita ‘ figlia della poesia” e, come quasi tutti i canti della tradizione, ha espresso i sentimenti, la storia e i costumi di un popolo mantenendone l’inconfondibile “etnicità”, a volte umoristica e a volte drammatica.
Nella prima metà del Novecento, parolieri e musicisti napoletani producono migliaia di canzoni, molte delle quali sono ancora oggi famosissime; tra essi troviamo Salvatore Di Giacomo, Luigi Denza, Libero Bovio, Eduardo Di Capua e molli altri, fino ad arrivare all’indimenticabile Renato Carosone o al grande interprete Roberto Murolo.
Dunque, la canzone napoletana, pur avendo un’enorme diffusione popolare, non è mai “anonima” poiché è sempre canzone d’autore.
Negli anni più recenti troviamo invece ottimi compositori, sensibili e attenti alla tradizione, che hanno saputo rinnovare la canzone napoletana con melodie di sapore antico ma arricchite da testi di forte significato politico e sociale: La nuova compagnia di canto popolare, i fratelli Bennato (Edoardo ed Eugenio) e Pino Daniele, scomparso nel 2015, che quando parla di Napoli mostra di saperlo fare con molta efficacia, cogliendo senza retorica gli aspetti positivi e problematici della sua città, come nel brano Napule è (che ascoltiamo in una versione live di Pino Daniele con Eric Clapton uno dei più grandi chitarristi rock-blues).
Il Festival di Sanremo
Durante il regime fascista, le canzoni italiane servono soprattutto per la propaganda politica ma, subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale, l’Italia è invasa da tutta quella musica, soprattutto di origine americana, della quale il fascismo ha ostacolato la diffusione. È però una moda breve perché ben presto si torna alla classica canzone melodica all’italiana che, a partire dal 1951, celebra ogni anno il suo trionfo al Festival di Sanremo. l nomi di interpreti come Nilla Pizzi, Claudio Villa, Carla Boni o Gino Latilla, la cui popolarità è nata insieme al Festival, sono ancora oggi molto conosciuti e amati.
Quando poi, alla fine degli anni Cinquanta, a Sanremo arriva la voce urlata di Domenico Modugno con Nel blu dipinto di blu (I958) e con Piove (1959), la canzone melodica sembra in difficoltà: anche altri “urlatori” stanno conquistando le preferenze degli italiani. Due nomi fra tutti: Adriano Celentano (Il tuo bacio è come un rock, 1959) e Mina (Tintarella di luna, 1959).
Nel 1964, a dispetto degli urlatori, il Festival viene vinto da una ragazzina sedicenne che canta una melodia semplice e apparentemente ingenua, in realtà molto furba perché in brevissimo tempo conquista la platea europea: il titolo del brano era Non ho l’età e la ragazzina si chiamava Gigliola Cinquetti.
Il beat italiano e gli interpreti anni ‘60
Agli inizi degli anni Sessanta la canzone italiana, oltre a subire le influenze del rock americano, deve fare i conti anche con l’influsso del beat inglese.
Nascono così le canzoni “impegnate” e si formano i primi complessi che alternano la semplice imitazione dei modelli stranieri (come Beatles e Rolling Stones) con la ricerca di espressioni proprie e più originali: l’Equipe 84, i Dik Dik, i Nomadi, i New Trolls , i Pooh e così via. I giovani si riconoscono nei testi delle loro canzoni e inizia l’era delle chitarre e dei capelli lunghi.
Si affermano però anche grandi interpreti solisti che ancora oggi sono amati e apprezzati da giovani e meno giovani: Gianni Morandi, Rita Pavone, Little Tony e i già citati Adriano Celentano e Mina.
Il Beatles italiani: I Pooh
I Pooh sono un gruppo musicale italiano, celebre per aver scritto alcuni fra i più grandi successi discografici a livello continentale.
Formatosi nel 1966, il complesso è tra i più longevi nella storia della musica rock mondiale (nel 2016 hanno festeggiato il loro 50° e ultimo anno di attività e ha venduto più di 100 milioni di dischi.
I membri del gruppo Roby Facchinetti, Dodi Battaglia, Red Canzian e Stefano D’Orazio, nel 1986 sono stati nominati Cavalieri dal Presidente della Repubblica.
Tra i loro brani più noti si ricordano: Tanta voglia di lei, Pensiero, Noi due nel mondo e nell’anima, Dammi solo un minuto e Uomini soli (brano vincitore del Festival di Sanremo del 1990).
Etichettati come gruppo commerciale e per le ragazzine, i Pooh sono un esempio di Rock progressive, sinfonico, con contaminazione elettroniche e hard rock che non ha nulla da invidiare ai simili britannici.
I cantautori italiani
I cantautori sono musicisti che scrivono parole e musica delle canzoni che cantano e, quando trattano temi sociali, politici e culturali, vengono definiti “impegnati”. In Italia il fenomeno dei cantautori è nato negli anni Cinquanta-Sessanta e rappresenta ancora oggi un grande vanto della nostra tradizione musicale.
La prima ondata di questi nuovi interpreti completi venne da Genova e portò nomi quali Umberto Bindi, Luigi Tenco, Bruno Lauzi, Gino Paoli (sue sono le famosissime Sapore di sale e Il cielo in una stanza) e Fabrizio De André che, scomparso alcuni anni fa, è stato forse il più grande fra i cantautori italiani. Nonostante la sua timidezza, che lo ha portato a non voler fare concerti per molti anni, e nonostante la censura radiotelevisiva degli anni ‘60, che proibiva la diffusione dei suoi primi brani (come Bocca di rosa e altri), si è saputo costantemente affermare grazie alla qualità delle sue melodie, all’originalità e all’impegno dei suoi lesti, come La guerra di Piero (1964) e Il pescatore (1970).
Di qualche anno più giovane è invece Ivano Fossati, autore e musicista “completo”, molto noto sia per le canzoni da lui stesso interpretate (La mia banda suona il rock, che vi propongo come ascolto in una bella versione live di Laura Pausini), che per quelle scritte per alcune grandi cantanti, da Mia Martini a Mina, da Patty Pravo ad Anna Oxa.
Tra i cantautori più importanti dell’area emiliano-romagnola troviamo come primo esponente Francesco Guccini, i cui testi, a volte poetici e a volle politicamente e socialmente impegnati, prevalgono sulla musica stessa (come ad esempio ne “Il vecchio e il bambino” e “Aushwitz“).
Negli anni Settanta-Ottanta si affermano invece Lucio Dalla e Vasco Rossi, ancora oggi insostituibili punti di riferimento per la musica leggera italiana, con canzoni quali 4 marzo 1943, Piazza grande e Caruso di Dalla e Vita spericolata, Albachiara e tantissime altre ancora di Vasco.
Lucio Dalla è morto nel 2012 tra la commozione e l’affetto dei colleghi e del pubblico.
Più recentemente si sono affermali Zucchero e Ligabue.
Nella scuola milanese, fra i primi esponenti troviamo ancora gli indimenticabili Giorgio Gaber ed Enzo Jannacci.
Un poco successivi sono Angelo Branduardi, cantautore innamorato delle melodie medievali e barocche (famosissime furono Alla fiera dell’est e La pulce d’acqua), Roberto Vecchioni, insegnante e cantautore sempre interessato ai temi dell’arte e della letteratura ed Enrico Ruggeri, uno dei migliori esponenti della generazione degli anni ottanta (è sua, ad esempio, Quello che le donne non dicono, portata al successo da Fiorella Mannoia).
Da ricordare infine anche il talento di Alex Baroni, spezzato da un incidente automobilistico nel 2002 a soli 36 anni.
Attorno agli anni Settanta, altri giovani cantautori iniziano la loro carriera a Roma, suonando in piccoli locali quasi sconosciuti (uno di questi è il Folkstudio) e dando vita alla scuola forse più significativa degli ultimi decenni del Novecento.
La contestazione giovanile del Sessantotto, che proprio a Roma ha il suo centro, è recepita da due giovani autori, Francesco De Gregori (Viva l’Italia, Generale, e altre ancora) e Antonello Venditti (Notte prima degli esami, Alta marea, e altre), capaci di adattare il loro modo di sentire e di cantare a quello di una gioventù che sta cambiando.
Anche se i temi prediletti sono inizialmente quelli dell’impegno socio-politico, Venditti scrive alcune tra le più belle canzoni d’amore della nostra musica leggera.
Ancora un nome da ricordare è quello di Eros Ramazzotti che, dopo la sua prima apparizione a Sanremo nel 1984 con Terra promessa, consolida la sua fama divenendo famoso anche all’estero con molte canzoni, come Se bastasse una canzone o Più bella cosa.
Tra i più giovani menzioniamo infine Alex Britti, Tiziano Ferro, quest’ultimo autore di notevole spessore, ma anche interprete dalla voce potente e aggressiva. Pure Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti, inizia la sua carriera a Roma, anche se di famiglia toscana, originaria di Cortona, in provincia di Arezzo, ma per seguire il lavoro del padre, Lorenzo passa la sua infanzia a Roma da cui parte la sua carriera di DJ a Roma da cui parte la sua carriera di DJ poi cantautore e rapper.
Diventa famoso alla fine degli anni ottanta e dalla commistione di rap dei primi successi, si discosta ben presto gradualmente al modello della world music (sempre interpretata in chiave hip hop e funky).
Anche se spesso inseriti nella categoria dei cantautori Lucio Battisti, Claudio Baglioni, Renato Zero e Riccardo Cocciante non lo sono totalmente perché in realtà collaborano con parolieri o musicisti.
Battisti è autore solo delle musiche delle canzoni da lui cantate, vengono completate dai testi scritti da Mogol, e grazie all’originalità di questi testi, rinnova profondamente la canzone italiana con un lunghissimo elenco di grandi successi.
Baglioni per buona parte degli anni ’70 scrive insieme ad Antonio Coggio ma, è autore, nel 1972, di un brano che un referendum televisivo ha giudicato addirittura la più bella canzone del secolo: Questo piccolo grande amore.
Cocciante, i cui testi sono scritti da diversi parolieri (anche Mogol), è un artista multiforme che all’indubbio talento per la canzone (Io canto, o Margherita) sa unire una qualità di musicista a tutto tondo, scrivendo musical di successo in tutto il mondo, come il famosissimo Notre-Dame de Paris.
Renato Zero compone con vari collaboratori e. in un caso, per Il carrozzone, è solo interprete ma coinvolge tutti i suoi fan (detti “sorcini”) con testi a volte ironici e provocatori (II triangolo) e a volte pieni di un’appassionata umanità (I migliori anni della nostra vita).
Le cantautrici italiane
Nel panorama musicale italiano, le voci e le penne al femminile rappresentano una minoranza clamorosa e quasi preoccupante, letteralmente schiacciate dai loro colleghi maschietti che invece fioccano come gocce di sudore sotto il sole d’agosto.
Escluse le voci storiche di quelle che restano mere interpreti (Mina, Fiorella Mannoia, Pausini, Giorgia, e compagnia cantante), ecco alcune artiste che oltre che interpreti sono anche autrici, o comunque forti di un’immagine il più possibile in linea con quella del cantautorato classico, di chi ha qualcosa da dire e non solo una grande voce per dirlo: Giovanna Marini, Carmen Consoli, Nada, Alice, Teresa De Sio, Andrea Mirò, Gianna Nannini e Mia Martini.
Il nostro cantautore: Ivan Graziani
Personaggio atipico, decisamente “avanti” rispetto ai suoi contemporanei, Ivan Graziani ha insegnato alla canzone d’autore italiana un nuovo approccio al rock. Senza complessi di inferiorità verso i modelli anglosassoni e con l’orgoglio della tradizione (e della provincia) italiana. Inoltre, l’abruzzese Ivan Graziani, nato a Teramo il 6 ottobre 1945, ha sfoderato una serie di canzoni di grande cantabilità e di indimenticabile tenerezza espressiva.
Tra i suoi successi Lugano addio, Pigro, Monna Lisa, Paolina, Agnese, Il chitarrista e soprattutto Firenze (Canzone triste) che nel 1981 rende Ivan Graziani la stella musicale del momento. Infatti, viene chiamato a comporre la colonna sonora de “Il grande ruggito” e compare nel film “Italian boys“.
L’industria musicale italiana oggi
Quello che però caratterizza la musica leggera italiana, soprattutto nell’ultimo decennio, è il continuo alternarsi di cantanti e gruppi che in pochissimo tempo raggiungono il successo e in ancor meno tempo finiscono la loro carriera, dimenticati per sempre.
Questa purtroppo è la legge del mercato discografico: le canzoni devono avere un grande successo immediato ma devono poi sparire per lasciar posto a quelle nuove (e a nuove vendite). La musica soggetta a questa legge si chiama musica di consumo ed è tutta quella che radio, televisione e tecnologie multimediali ci offrono ogni giorno e che è in genere di facile ascolto e di breve durata, cioè un prodotto “usa e getta”,
Oggi il successo di una canzone è legato al look del cantante, alla sua gestualità e a tutti quei favori che ne fanno solo un prodotto commerciale. I discografici sono perfettamente al corrente delle esigenze del mercato: sfornano melodie banali ma accattivanti, molto spesso elaborate e realizzate al computer, e studiano a tavolino le strategie di mercato.
I vari talent show televisivi, e altre manifestazioni simili, sono oggi le vetrine di questi prodotti, ma diventa a volte difficile trovare giovani autori e interpreti che riescano a sopravvivere più di una stagione. Ciò non toglie che, comunque, anche nella musica dei nostri giorni, ci siano dei grandissimi nomi che al successo commerciale associano un indubbio talento sia nella scrittura che nell’interpretazione: Giorgia, Elisa, Pausini, Annalisa, Alessandra Amoroso, Emma, etc.
LA MUSICA COME SPETTACOLO
In questi ultimi decenni la musica leggera è divenuta sempre più l’occasione di un vero e proprio spettacolo: l’esecutore o gli esecutori non si accontentano di presentare un brano musicale, ma lo arricchiscono con vari espedienti scenici. Innanzitutto, adottano un abbigliamento fuori del comune, il più possibile originale; già Elvis Presley amava presentarsi alla ribalta con abiti particolari come ad, esempio giacche corredate di borchie, lustrini e frange. E così verso gli anni Sessanta si diffuse la moda dei capelloni, poco più tardi quella degli hippie (detti anche «figli dei fiori») e più recentemente quelle dei punk.
Oggi poi i complessi dello stile rock heavy metal (“metallo pesante”) amano presentarsi truccati da uomini truci e selvaggi, con il torso nudo, con i capelli incolti, fasciati da cinghie di cuoio e borchie: un modo per rispecchiare ed accentuare il carattere violento del loro rock. Questa abitudine ai vestiti originali è stata ed è anche un modo per reagire alle convenzioni della vita dì tutti i giorni: interpretate per lo più da giovani, le canzoni di musica leggera hanno avuto e vogliono avere anche una carica più o meno polemica, vogliono cioè essere un modo per dare libero sfogo a tutta la vitalità, a tutta la sete di novità che è tipica dei giovani.
GRANDI SPAZI
In secondo luogo, le canzoni di musica leggera vengono presentate con ricche scenografie con giochi di luci (oggi per lo più di luce laser), fumi colorati e nebbie artificiali. Proprio per questa propensione allo spettacolo la musica leggera, anche a causa del suo enorme richiamo sul pubblico giovane, richiede spazi adatti per i la sua esecuzione: non più la sala da concerto o teatro ma gli stadi, i campus delle Università, gli enormi spiazzi all’aperto. Da qui la necessità di ricorrere a impianti elettronici che permettono di farsi ascoltare da masse enormi di spettatori (talvolta 50.000 e più persone). E quindi normale l’uso di amplificatori e di casse acustiche con una potenza di 3O.OOO Watt.
Dunque la presentazione della musica leggera ha oggi assunto l’aspetto di uno spettacolo, e talvolta addirittura di un rito profano: all’esecuzione si assiste in un clima di eccitazione generale e non sono rare le scene di riso e di pianto isterico (spesso provocate da sostanze vietate).
I PRINCIPALI PERICOLI
In questo stato di cose due sono i principali pericoli:
l) da un punto di vista sociale sussistono la presenza della droga e la propensione alla più completa e sfrenata liberazione degli istinti: il cantante, che alla fine del suo recital sfascia gli strumenti musicali di cui si è servito, l’altro che si abbandona al più gratuito turpiloquio, ecc. Tali manifestazioni lasciano il tempo che trovano e servono solo ad eccitare il pubblico e quindi ad avere più successo, cioè più denaro;
2) da un punto di vista più strettamente musicale esiste poi il pericolo che tutta questa propensione allo spettacolo, questo gusto di conquistare la simpatia del pubblico con effetti visivi strabilianti siano solo una facciata di cartapesta con cui nascondere la sostanziale assenza di veri valori musicali. Una canzone magari insulsa e stupida acquista per i più sprovveduti un aspetto interessante e importante solo per gli effetti visivi, per il modo d’agire, per la «scena», escogitati dal cantante.
In altre parole: bisogna imparare a non farsi prendere in giro.
FENOMENO DI MASSA
È in ogni modo chiaro che la musica leggera concepita come spettacolo è un fenomeno significativo e importante della nostra civiltà musicale: è un fenomeno di massa e appunto per questo essa si affida in buona parte ai mass media, grazie, ai quali può diffondersi ovunque. Una prova ulteriore di questo inserimento delle canzoni in un vero e proprio spettacolo sta poi nella sempre maggiore diffusione del cosiddetto videoclìp; si tratta di un breve filmato, destinato per lo più alle tv musicali o alle piattaforme web di video sharing (YouTube, Vimeo, etc.), in cui l’esecuzione di un dato brano musicale viene «sceneggiata» dall’interprete: in altre parole l’esecutore o gli esecutori, mentre cantano o suonano, si muovono e «recitano» in un dato ambente, che può avere o non avere riferimento con il soggetto della canzone presentata. Questi filmati, per essere sempre più originali e seducenti, sfruttano fra l’altro tutte le nuove tecniche di ripresa visiva che oggi i vari sistemi elettronici, grazie all’uso del computer, sanno offrire.