Il ‘600 e la prima metà ‘700: il Barocco

Quadro storico
Il Seicento e la prima metà del Settecento costituiscono per l’Europa un’epoca caratterizzata da numerosi conflitti di carattere politico, sociale e religioso. Le guerre (dinastiche o di religione), la peste e le carestie colpiscono le popolazioni e si verifica un calo demografico, mentre la profonda condizione di miseria degli strati sociali più umili contrasta in modo stridente con lo sfarzo e il lusso delle corti dei grandi sovrani europei.
Tra i luoghi più spettacolari c’è Versailles, dove Luigi XIV di Francia, il Re Sole, vive con la sua corte: il palazzo e i giardini, costruiti per celebrare la grandezza del sovrano, lasciano cortigiani e visitatori senza parole per lo stupore.

Le idee chiave
È il periodo del Barocco, parola che significa “bizzarro” e che indica la caratteristica principale delle arti dell’epoca: la ricerca di tutto ciò che stimola la meraviglia e lo stupore, che suscita grandi emozioni e sentimenti.
Il linguaggio scelto dagli artisti barocchi privilegia tutto ciò che crea contrasti inaspettati, che è spettacolare e grandioso, insolito e inedito.
È anche l’epoca in cui nascono la scienza moderna e il metodo sperimentale; è l’epoca di Galileo e della scoperta che la Terra non è il centro dell’universo ma che essa gira intorno al Sole.

Generi e forme
In questo periodo nascono e si affermano importanti generi musicali: il melodramma, la sonata, il balletto, la suite e il concerto, che si distingue in concerto grosso, concerto solistico e concerto di gruppo. Tra le forme, si sviluppano la forma ABA, la fuga e il canone.

Gli strumenti
Gli strumenti più importanti dell’epoca sono gli archi – e in particolare il violino – i legni, il clavicembalo e l’organo. Perfezionati da abilissimi artigiani, essi diventano protagonisti di grandi capolavori del repertorio musicale.

I compositori
Numerosissimi sono i compositori che hanno reso grande la musica barocca. Tra i maggiori, ricordiamo Claudio Monteverdi, Giovanni Battista Pergolesi. Jean-Baptiste Lully, Johann Sebastian Bach, Arcangelo Corelli, Antonio Vivaldi e Georg Friedrich Hàndel.

I LUOGHI
Tutta l’Europa è un immenso cantiere musicale. L’Italia mantiene il primato, ma dovunque, in Germania, in Francia e in Inghilterra, la musica fiorisce e si sviluppa.

MUSICA VOCALE

Il Melodramma: La nascita del genere
Il Melodramma (dal greco mélos, “canto”, e dràma, “azione scenica”), detto anche Opera lirica, è lo spettacolo in cui la recitazione teatrale si svolge attraverso il canto e la musica. Esso è un diretto discendente della monodia accompagnata, che era nata a Firenze nell’ambito della Camerata dei Bardi con il nome di “recitar cantando“.
Il Melodramma nacque nel 1600, quando a Firenze si rappresentò l’opera Euridice di Giulio Caccini; si diffuse poi in altre città, inizialmente nei palazzi principeschi e per un pubblico colto e aristocratico. Di lì a poco, però, anche il ceto medio poté assiste re alla rappresentazione di un Melodramma; nel 1637 fu infatti aperto a Venezia il primo teatro a pagamento, il San Cassiano. Il successo fu strepitoso e così altri teatri furono aperti in varie città italiane, in particolare a Roma.
Sempre maggiore importanza ebbero la messa in scena, che doveva sbalordire il pubblico con la grandiosità delle scenografie, e la bravura dei cantanti lirici, ai quali si chiedevano voci sempre più eccezionali. Il virtuosismo, che trova realizzazione nell’Aria, diventa dunque un tratto distintivo del teatro operistico.

CLAUDIO MONTEVERDI
Il maggiore autore di Melodrammi fu Claudio Monteverdi (1567-1643), che perseguì l’ideale di una perfetta corrispondenza tra parole e musica: nella sua opera, infatti. gli strumenti sottolineavano le passioni e i drammi portati in scena dai personaggi.
Nel 1607, il genere viene battezzato ufficialmente con la rappresentazione della Favola di Orfeo, alla corte di Mantova. Attraverso la tecnica del “recitar cantando”, il compositore narrò altre vicende mitologiche o e piche, tra cui l’incoronazione di Poppea, Il ritorno di Ulisse in patria e Arianna.

L’Opera buffa a Napoli
I musicisti napoletani crearono l’Opera buffa, caratterizzata da situazioni e personaggi comici che piacquero molto soprattutto alla gente comune, tanto che in poco tempo essa riuscì a eguagliare il successo dell’Opera seria, ovvero del Melodramma tradizionale.
L’Opera buffa ebbe origine dagli “Intermezzi” cantati, brevi farse divertenti inserite durante gli intervalli dell’Opera seria per risollevare lo spirito degli spettatori.
Nella scuola napoletana troviamo musicisti che si dedicarono a entrambi i generi, come Alessandro Scarlatti (1660-1725) e Antonio Nicola Porpora (1686-1768). Primo tra tutti va però ricordato Giovan Battista Pergolesi (1710-1736) che segnò il successo dell’Opera buffa con il suo capolavoro, l’intermezzo La serva padrona.

L’Oratorio in Italia e in Germania
Parallelamente al Melodramma, si diffuse il genere dell’Oratorio, nato nel secolo precedente. Come l’Opera, esso si sviluppava con solisti, coro e orchestra: i solisti cantavano Arie e Recitativi, i cori si univano a essi per sottolineare azioni o sentimenti, mentre l’orchestra interveniva perlopiù in modo discreto nel discorso musicale.
A volte l’Oratorio veniva rappresentato sulle lussuose scene dei teatri, ma generalmente rinunciava alle scenografie e ai costumi, preferendo gli ambienti semplici e raccolti delle chiese. Lavori ineguagliati per potenza emotiva e drammatica sono quelli di Giacomo Carissimi (1605-1674), il più insigne compositore di Oratori del Seicento italiano.
Ed è con l’Oratorio che un grande musicista tedesco, Georg Friedrich Handel (1685-1759), trovò la massima espressione del suo genio teatrale.
Non potendo fare uso del palcoscenico e di sussidi scenografici, fu costretto a esprimersi con mezzi puramente musicali, creando così capolavori, come il Messiah, che ancora oggi stupiscono per il loro vigore espressivo.

MUSICA STRUMENTALE

Il Concerto grosso in Italia
Nel Seicento la musica strumentale si afferma come genere autonomo e viene sempre più apprezzata.
Molto in voga è in questo periodo il Concerto grosso, nel quale un piccolo gruppo di strumenti faceva la parte del solista.
Tra gli esecutori, il più importante fu Girolamo Frescobaldi 0583-1643), oggi noto soprattutto come compositore.
Massimo virtuoso del clavicembalo in Italia fu però Domenico Scarlatti (1685- 1757), figlio di quel Alessandro Scarlatti che abbiamo nominato a proposito dell’Opera buffa.

Nuovi strumenti, nuove forme
Nel Seicento si affermarono definitivamente strumenti già noti da tempo come l’organo, o di recente diffusione come il clavicembalo e il violino. In Italia troviamo non solo i maggiori compositori ed esecutori di musica per violino, ma anche i più abili costruttori di questo strumento. In particolare, a Cremona vissero famiglie di grandi maestri liutai, gli Amati, i Guarneri, gli Stradivari.
Legata al violino è inoltre l’evoluzione della musica strumentale concertistica avvenuta grazie alle geniali intuizioni del veneziano Antonio Vivaldi (1678-1741), cui si deve l’affermazione, in contrapposizione al Concerto grosso, del Concerto solista: si tratta di una forma musicale, suddivisa generalmente in tre parti, che vede uno strumento principale dialogare con l’orchestra.
Al protagonismo del solista, capace di usare il proprio strumento o la propria voce per produrre effetti che entusiasmavano il pubblico, si dovette in questo periodo anche lo sviluppo di forme musicali come la Cantata, che in Italia fu soprattutto di tipo profano e sostituì il Madrigale e la Sonata.

La musica strumentale in Francia e in Germania
Nel periodo barocco la musica strumentale cominciò a diffondersi anche negli altri paesi europei: in Francia molto amato fu il clavicembalo, strumento “salottiero” e adeguato alle frivolezze dei nobili; in Germania, al contrario, si preferì l’organo, strumento solenne e perfetto per esprimere l’austera religiosità protestante.
Ricordiamo il più grande organista in senso assoluto, Johann Sebastian Bach (1685-1750), autore di straordinarie Cantate, Toccate (e fughe), Suite e tantissima altra musica.

La Musica strumentale: Generi e forme

Il concerto Barocco
Il concerto è un genere musicale che nasce e si sviluppa in epoca barocca. Il nome ha un a doppia etimologia: deriva infatti dal latino cumcertare che significa “combattere“, ma anche da conserere che significa “legare insieme“. Con questi due significati viene utilizzato dai musicisti per indicare questo nuovo genere musicale in cui si affermano sia il principio del contrasto sia quello della collaborazione. Il concerto, infatti, è una composizione in più movimenti (generalmente tre ma talvolta anche quattro) che contrastano fra loro per l’andamento, ora pacato ora vivace. All’interno dei movimenti, ancora la tecnica del contrasto determina la scelta di alternare tutti gli strumenti a un gruppo o a un solista, il piano al forte; al tempo stesso, però, le varie voci si uniscono per creare un insieme armonioso. Si definiscono così tre forme di concerto: il concerto grosso, il concerto solistico e il concerto di gruppo.

Il concerto Grosso
Il concerto grosso prevede due organici strumentali distinti: uno chiamato concerto grosso, appunto, costituito da tutti gli strumenti che compongono l’orchestra, l’altro detto concertino, costituito nella maggior parte dei casi da due violini, un violoncello e un basso continuo.
Concerto grosso e concertino si alternano “lottando” e “dialogando ” tra loro durante l’esecuzione.
Per il concerto grosso si possono avere concerti “da camera” o concerti “da chiesa”, a seconda che inizino rispettivamente con un Allegro o con un Adagio. Nel Concerto brandeburghese n. 2 di Bach il concertino è costituito da 3 strumenti a fiato (tromba, oboe e flauto dritto) e 1 violino e il concerto grosso da tutta l’orchestra.

Il concerto solistico
A differenza del concerto grosso, nel concerto solistico il concertino si riduce a un solo strumento, che svolge appunto il ruolo di solista: generalmente si tratta di un violino, a volte di un flauto, che si esibisce in episodi virtuosistici sostenuto da tutta l’orchestra.
L’iniziatore di questo genere è l’italiano Giuseppe Torelli (1658-1709). Bach (1685-1750) è il primo ad affidare al clavicembalo il ruolo di solista (che esegue 67 battute nel Concerto brandeburghese n. 5), mentre si deve soprattutto a Vivaldi (1678-1741) la diffusione del concerto solistico e l’articolazione in tre movimenti: Allegro, Adagio, Allegro.
La forma vivaldiana di concerto viene imitata in tutta Europa. Fra i tre tipi di concerto barocco, quello solistico diviene presto il più comune e l’unico a sopravvivere dopo il 1750, cioè nel Classicismo.
Nel 1° Movimento della Primavera tratta dai concerti delle Quattro stagioni di Vivaldi la parte di solista è affidata al violino.

La nascita del balletto
La volontà di suscitare stupore e meraviglia nel pubblico è un tratto caratteristico non solo di tutte le arti barocche (letteratura, architettura, arti figurative e musica), ma anche della vita quotidiana delle corti.
In Europa, tra i luoghi più spettacolari. spicca Versailles. dove vive la corte di Luigi XIV (1638-1715) di Francia, il Re Sole. Palazzo e giardini sono stati costruiti per celebrare la grandezza del sovrano e stupire i cortigiani e i visitatori, lasciandoli a bocca aperta. Spettacoli di vario genere intrattengono il re e la corte: ne sono protagoniste anche la musica e, soprattutto, la danza. Lo stesso Luigi XIV è un abile danzatore: a lui si deve il merito di aver invitato a corte grandi coreografi italiani e di aver fondato l’Accademia Reale di danza.
Qui si formano i ballerini professionisti e vengono inventate le tecniche che sono alla base del balletto classico. Per questo motivo, ancora oggi, la terminologia usata nella danza classica è in francese.

La suite
In epoca barocca, tale è il successo della danza che presto i compositori iniziano a usare ritmi di danza anche per brani strumentali non destinati a essere ballati. Nasce così la suite. una composizione costituita da una “successione “di danze di varia origine e contrastanti fra loro: a una danza lenta, ne segue una vivace e così via. Lo schema di base della suite viene definito dal compositore tedesco Johann Jakob Froberger (1616-1667):

  • allemanda (danza tedesca di andamento lento e regolare),
  • corrente (danza veloce di origine francese),
  • sarabanda (danza lenta e solenne di origine spagnola),
  • giga (danza originaria delle isole britanniche dal carattere brillante e vivace).

In seguito, si aggiungono altre, inserite generalmente tra la sarabanda e la giga: il minuetto (danza popolare francese di andamento aggraziato e regolare), la badinérie (danza francese dal carattere gioioso e allegro), la gavotta (danza francese, di andamento moderato), la bourrée (danza francese dal carattere vivace).

La forma ABA
ABA è la formula indicativa di FORMA TRIPARTITA in cui non c’è una particolare ELABORAZIONE del tema (casomai semplici variazioni alla ripresa di A, ad es. nell’ARIA COL DA CAPO). Lo schema A – B – A viene anche chiamato “aria col da capo” perché dopo la frase b si ricomincia da capo la melodia.
La forma ABA è una forma usata frequentemente nel passato ma è la forma più usata nella musica leggera (rock, pop, etc.). La maggior parte delle canzoni che ascoltiamo oggi sono costruite sull’alternanza fra due temi.
La canzone “Siamo soli” di Vasco Rossi è costruita con una tipica struttura ABA. Tutta la composizione si basa sull’alternanza tra il tema A delle strofe e il tema B del ritornello con una semplice variazione nella ripetizione del tema A dove inizia con un assolo di chitarra che poi affianca il canto.

Il Canone
Il Canone è una struttura musicale rintracciabile in forme ed epoche diverse, che talora dà il nome alla composizione intera.
Il principio è sempre lo stesso, e consiste nell’iniziare una melodia in una determinata VOCE (strumentale oppure vocale, detta “antecedente”) per poi riproporre la medesima melodia, inalterata (CONTRAPPUNTO OBBLIGATO) alle altre voci (dette “conseguenti”), una o più.
L’IMITAZIONE della melodia può avvenire a scadenze di tempo regolari, o irregolari. Il canone può essere di due tipi:

  1. Canone infinito (o perpetuo) nel quale l’imitazione ricomincia sempre da capo (per un numero di volte a piacere) e termina con le voci che si arrestano l’una dopo l’altra in ordine inverso rispetto all’inizio. Esempio di canone infinito: Fra Martino.
  2. Canone finito nel quale l’imitazione si arresta con una o più battute conclusive.

La Fuga
La fuga è la forma polifonica più rigorosa, complessa e impegnativa; può avere un numero variabile di voci, generalmente da due a quattro, ma in alcuni casi anche cinque o più. Ascoltando la Fuga in Reb M di J.S. Bach comprendiamo le parti che la costituiscono:

  • Il soggetto (o tema) rappresenta il nucleo che sta alla base di tutta la costruzione: viene subito esposto all’entrata di ogni voce.
  • La risposta è l’imitazione del soggetto eseguita da una seconda voce partendo da un’altra nota
  • Il controsoggetto si tratta di un nuovo tema che segue immediatamente il soggetto: in una fuga possono esserci più controsoggetti.
  • Lo stretto si tratta di un episodio nel quale i temi vengono eseguiti in modo ravvicinato (più stretti) creando l’impressione di un inseguimento.
  • I divertimenti (o episodi) sono basati su frammenti del soggetto o del controsoggetto: vengono sviluppati liberamente.

La musica vocale

La nascita del Melodramma (Opera lirica)
Mossi dal desiderio di far rivivere musicalmente l’antica tragedia greca, verso la fine del Cinquecento, a Firenze, un gruppo di letterati e musicisti si riunisce dando vita alla cosiddetta Camerata fiorentina (Camerata dei Bardi), per discutere di musica, letteratura, scienza ed arti (prende il nome dal conte Giovanni Bardi, nella cui abitazione di Firenze si tenevano le riunioni).
Secondo la Camerata, la tradizionale musica polifonica aveva violentato l’istituto della parola, della poesia, non rispettando la pratica dell’orazione, dando una ingiustificata priorità alla musica, che nell’intreccio delle voci, con le regole e le tradizioni allora note, calpestavano il senso del discorso verbale, annullando ogni effetto sul pubblico.
Crearono, quindi, una nuova forma di spettacolo in cui erano presenti, insieme e per la prima volta, poesia, azione teatrale e musica. Nacque così il Melodramma (“dramma in musica”) in cui i personaggi di una vicenda si esprimono mediante il canto.

Gli ingredienti del melodramma: libretto, scenografia, musica.
Il libretto (copione), cioè la trama dell’opera scritta in versi dal poeta in collaborazione con il compositore, si suddivide in atti e ogni atto in più scene. Nel libretto sono annotate anche le indicazioni per lo svolgimento dell’azione teatrale: entrate e uscite di scena dei personaggi, loro comportamento sulla scena, cambi di arredamento, ecc.
La scenografia, cioè la cura dei costumi, trucchi, arredi, movimenti sulla scena, crea la giusta ambientazione alla rappresentazione teatrale e fa sembrare reale ciò che è pura finzione; a poco a poco nei libretti dell’epoca barocca si comincerà a dare spazio alla ricerca del meraviglioso e degli effetti spettacolari, arricchendo il melodramma di scenografie e costumi appariscenti, congegni meccanici per realizzare effetti speciali (tuoni, terremoti, pioggia, ecc.).
La musica ha ovviamente un ruolo fondamentale, perché costantemente presente. Il musicista mette il libretto in musica, scrivendo sia le parti per i cantanti, sia quelle per gli strumentisti. Nell’opera musicale si alternano:
a) episodi strumentali,
b) canto solistico, concertati, cori,
c) danze.

Struttura del melodramma del ‘600
Ouverture, recitativi, arie, duetti, terzetti, quartetti, i cori e i concertati, ossia i brani per più voci e orchestra compongono il melodramma, ma i due elementi che stanno alla base dell’intera opera sono il recitativo e l’aria.
L’Ouverture è il brano orchestrale che si esegue a sipario chiuso prima dell’inizio dell’opera. In origine era un brano svincolato dal contesto dell’opera; dal Settecento in poi invece introduce lo spettatore alle vicende proposte all’interno del melodramma.
Il Recitativo detto anche parlato melodico, la musica è strettamente legata alle parole del discorso; è quasi una recitazione cadenzata, che permette al pubblico di capire le varie situazioni della vicenda. Nel recitativo, dunque, la parola è più importante del canto.
Il recitativo può essere di due tipi: semplice o accompagnato. Nel recitativo semplice (detto anche secco) il canto è accompagnato solo dal basso continuo (clavicembalo o liuto). Il recitativo accompagnato (detto anche obbligato) è sostenuto da più strumenti ed è strutturato in modo più complesso. L’aria era invece l’episodio in cui la vicenda si ferma per dare spazio all’espressione del sentimento, dell’”affetto”, di un personaggio; questo avveniva mettendo in mostra tutta la bravura e il virtuosismo dei cantanti.
Le arie si dividevano in vari gruppi: vi erano le arie di sorbetto, affidate a personaggi secondari e chiamate così perché eseguite mentre gli spettatori mangiavano il gelato.
La prima donna, invece, o il primo uomo, cioè l’interprete più atteso faceva il suo ingresso in scena con l’aria del baule, ossia un’aria che metteva in luce le loro qualità vocali (per questo la portavano con sé come un bagaglio e la eseguivano sempre anche se proveniva da un’altra opera e non aveva nulla a che fare con quella rappresentata in quel momento; a pagare le conseguenze di questa moda furono i librettisti i cui testi venivano spesso imbruttiti e modificati senza nessun rispetto).

Le “parole” dell’Opera lirica (melodramma):

  • Atto: ciascuna delle parti in cui viene suddivisa l’Opera, generalmente due o tre.
  • Cantanti: artisti che oltre a saper cantare nel loro ruolo vocale (soprani, tenori, bassi, baritoni…), devono anche saper recitare con gestualità espressiva.
  • Compositore: il musicista che scrive la musica adattandola ai versi da cantare.
  • Coro: il gruppo dei cantanti che cantano “in coro” ma anche il brano scritto per il coro.
  • Corpo di ballo: il gruppo di ballerini e ballerine che esegue le danze previste.
  • Costumista: l’addetto a disegnare i costumi di scena. Che saranno realizzati dai sarti.
  • Direttore d’orchestra: il maestro che dirige “orchestra nello spazio destinato ai musicisti.
  • Direttore del teatro: il responsabile del teatro e del suo funzionamento; decide quali opere mettere in cartellone, cioè quali far rappresentare.
  • Direttore di scena o regista: organizza i movimenti scenici dei personaggi e delle comparse, curandone anche la gestualità espressiva.
  • Golfo mistico: spazio riservato all’orchestra, più in basso rispetto sia al palco sia alla platea, in modo che i musicisti si sentano ma non si vedano.
  • Impresario: colui che finanzia tutto il lavoro pagando cantanti, musicisti, scenografi ecc.; a lui va tutto l’incasso del botteghino e la sua figura corrisponde grosso modo a quella di un attuale produttore di film; sceglie musicisti, scenografi, costumisti, comparse ecc.
  • Librettista: il letterato che trasforma un romanzo o una leggenda in dialoghi che vengono poi messi in musica dal compositore; corrisponde a uno sceneggiatore dei nostri giorni.
  • Libretto d’Opera: piccolo libro stampato contenente tutti i versi dell’Opera; viene messo a disposizione degli spettatori per seguire meglio la vicenda.
  • Musicisti: suonano nel “golfo mistico” guardando il direttore e seguendo le sue indicazioni.
  • Palcoscenico: abbreviato in palco, è normalmente costituito da tavole di legno e su di esso si svolge l’azione teatrale.
  • Quinte: pannelli rettangolari, alti e stretti, che chiudono la scena lateralmente.
  • Scene: suddivisioni di un atto; una scena corrisponde all’entrata di nuovi personaggi e al cambio veloce delle scenografie per creare una nuova ambientazione.
  • Scenografia: tutto l’insieme di pannelli, fonda li ed elementi scenici necessari a ricostruire gli ambienti.

Le forme musicali dell’Opera lirica

  • Aria: è il canto più atteso dal pubblico, il momento nel quale sulla scena tutti si fermano per lasciare spazio al singolo cantante e all’espressione degli stati d’animo del suo personaggio. Nell’Aria la parola passa in secondo piano, per ché molto spesso il canto si svolge attraverso lunghi voca lizzi.
  • Arioso: è lo stile di canto dove le parole vengono pronunciate molto chiaramente e dove fa melodia segue l’andamento delle frasi, dando importanza alle invocazioni, alle esclamazioni ecc.
  • Cadenza: è un momento in cui l’orchestra tace e si ha una libera improvvisazione del cantante, che mostra doti di bravura, di agilità vocale, come anche doti espressive e sentimentali.
  • Cavatina: è il pezzo con cui un personaggio si presenta al pubblico nella sua prima uscita nel corso dell’Opera e normalmente ha la caratteristica di sfoggio di bravura; il termine è usato anche per indica re la prima parte di un’Aria.
  • Duetti, terzetti, quartetti, ecc.: brani per più voci, rispettivamente due, tre, quattro ecc., che cantano con il sostegno dell’orchestra. Spesso i cantanti cantano contemporaneamente, in sovrapposizione (“in dialogo”).
  • Intermezzo: agli inizi del Settecento era una breve scena comica inserita tra un atto e l’altro di un’Opera seria; dall’Intermezzo comico, nasce l’Opera buffa.
  • Recitativo: è un pezzo in cui le par ole vengono intonate con chiarezza, una nota per ogni sillaba, seguendo le inflessioni naturali della pronuncia e della frase; la preminenza della parola sulla musica esclude qualsiasi sfoggio di bravura.
  • Sinfonia introduttiva, Sinfonia d ‘Opera o Ouverture: è un brano orchestrale che si suona prima dell’inizio dell’Opera e che spesso preannuncia i principali Temi dell’azione drammatica. Con Rossini acquista un valore autonomo: può essere eseguita anche da sola, al di fuori dell’Opera di cui fa parte. In Germania Wagner la sostituisce con il Preludio.
  • Singspiel: è una forma popolare in lingua tedesca nella quale si alternano parti recitate e parti cantate; predilige i soggetti di tipo magico e favolistico.
  • Vocalizzo: è una serie più o meno lunga di note cantate sulla stessa sillaba (cioè sulla stessa vocale), che mette in mostra la bravura del cantante.

Nascita del primo Teatro pubblico
Se da Firenze ci spostiamo a Venezia, incappiamo in quello che molti definiscono il momento veramente iniziale del genere operistico: nel 1637 fu inaugurato il primo edificio pubblico destinato al melodramma, il teatro San Cassiano l’opera rappresentata è l’Andromeda, libretto di Benedetto Ferrari, musica di Francesco Manelli.
In questo modo, il melodramma, dà spettacolo riservato a corti nobili o circoli culturali, si rivolge ad un pubblico più vasto (e pagante) e si tramuta in vero e proprio “affare” alla cui cima sta l’impresario che lo organizzava, scritturava i cantanti e gli strumentisti (che nel frattempo si erano radunati in piccole compagnie itineranti), commissionava il libretto al poeta e la partitura al musicista. Con il ricavato dei biglietti pagava quindi tutti costoro, guadagnando ciò che avanzava. Fu così che venne messo in risalto sempre più il ruolo dei veri protagonisti, i cantanti dai quali dipendeva di fatto il successo o l’insuccesso della rappresentazione.
Il pubblico dei teatri barocchi non era come quello dei teatri moderni, ridotto di numero ma silenzioso e generalmente concentrato: passava invece il tempo facendo salotto, discorrendo e mangiando soprattutto durante i recitativi.

Entriamo in un Teatro

Dall’intermezzo all’Opera Buffa
Durante i cambi di scena, per distrarre c divertire il pubblico, gli autori inseriscono dei brevi intermezzi, delle scenette divertenti che si svolgono davanti al sipario chiuso.
Queste scene comiche erano ispirate a episodi di vita reale, quotidiana, cantate con uno stile più semplice e con versi facili da capire.
In breve, il pubblico comincia ad apprezzare questi Intermezzi più che l’Opera stessa, tanto che alla fine gli impresari teatrali decidono di metterli in scena da soli, chiedendo ai componitori di ampliarli.
L’intermezzo più famoso è “La serva padrona“, composta dal napoletano Gianbattista Pergolesi.
La serva padrona costituisce un punto fermo per l’evoluzione del teatro nei decenni a venire, e con essa l’Intermezzo, nato come semplice momento ricreativo, assume definitivamente la dignità di una vera Opera di genere comico: l’Opera Buffa.

Differenze tra Opera Seria e Opera Buffa

L’Oratorio
Accanto alle tradizionali forme musicali legate alla liturgia (come le messe, i salmi, ecc.), nel periodo barocco si verificano alcune novità. In ambito cattolico, nel clima di recupero di immagine attuato dalla Chiesa di Roma al tempo della Contro riforma, si sviluppa l’Oratorio, una forma musicale «drammatica», che prevede la narrazione di un evento sacro, con personaggi e dialoghi; tale genere non è destinato, però, alla rappresentazione: viene cantato da solisti e coro immobili, senza scene e costumi, ma con accompagnamento orchestrale. Partendo da Roma, la tradizione dell’oratorio si diffonde in tutta Italia e anche all’estero. In Francia, ma soprattutto nella Germania protestante, la forma dell’oratorio, combinata con la tradizione del Corale luterano, dà vita a forme diverse come la cantata sacra e la passione, che toccano i massimi livelli artistici nella Passione secondo Matteo di J.S. Bach. La forma propria dell’oratorio viene ripresa, nel Settecento, dallo stesso Bach (con l‘Oratorio di Natale) e da G.F. Handel (suo è il celebre Messia) e in seguito, in una veste diversa, da numerosi altri autori del XIX secolo. Il primo e massimo autore di oratori è Giacomo Carissimi (1605-1674); dopo di lui ricordiamo: in Francia, Marc-Antoine Charpentier (1634-1704) e, in Germania, i già citati Johann Sebastian Bach (1685-1750) e Georg Friedrich Handel (1685-1759).

Fonti:
Bibliografia:
  • Musica live (Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori)
  • C’è Musica per tutti ((Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori)
  • Sonora (Minerva Scuola)
  • Fantasia e Musica – Step by Step (Mondadori Education)
  • In musica (Mursia Scuola),
  • Nuova storia della musica di Riccardo Allorto (Ricordi)

Sitografia:

  • Musica a scuola – www.musicaragazzi.altervista.org/index.html
  • L’ora di Musica (Bernardino Cagliero) – www.oradimusica.it
  • Wikipedia, l’enciclopedia libera – it.wikipedia.org
  • Sapere.it L’enciclopedia De Agostini – www.sapere.it

Lascia un commento