Quadro storico
Il Medioevo è un’epoca che abbraccia mille anni di storia, dalla seconda metà del V secolo d.C. alla fine del XV secolo. Dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente nel 476 d.C, nell’Alto Medioevo si verificano ancora delle invasioni barbariche, l’espansione islamica e, all’inizio del IX secolo, nasce il Sacro Romano Impero.Nel Basso Medioevo, che inizia dopo l’anno Mille, si assiste a una progressiva ripresa dell’ economia, alla nascita dei Comuni in Italia e delle prime monarchie nazionali in Europa.
IDEE CHIAVE
Con le ripetute invasioni dei barbari, l’Impero Romano d’Occidente si sfalda e gran parte delle popolazioni abbandona le città, rifugiandosi nelle campagne. In questo periodo la Chiesa diventa l’istituzione di riferimento, anche per la conservazione e la diffusione della cultura: nei monasteri, soprattutto in quelli benedettini, i monaci recuperano il patrimonio classico che rischia di andare perduto. Dopo l’anno Mille, le città si ripopolano e si affermano nuovi centri di cultura: in tutta Europa sorgono le prime università, dove anche la musica entra a far parte delle discipline insegnate; nelle corti si affermano l’ideale cavalleresco e l’amor cortese. Fra Duecento e Trecento, si sviluppano nuove conoscenze e si realizzano capolavori in campo letterario, in architettura, scultura, pittura: è l’inizio di un percorso che porta verso l’Umanesimo del Quattrocento.
GENERI E FORME
La produzione musicale si divide in due ambiti: la musica sacra, di argomento religioso, che ha come forme principali il canto gregoriano, l’inno. la lauda e la messa, e la musica profana, di argomento non religioso, che si esprime attraverso canzoni, danze e ballate.
GLI STRUMENTI
Nella musica profana è possibile accompagnare il canto con strumenti ad arco come la viella e la ghironda, o a corda pizzicata, come il liuto, l’arpa e la lira. Esistono anche molti strumenti a fiato e a percussione.
COMPOSITORI
Nel Basso Medioevo alcuni musicisti cominciano a “firmare” le loro composizioni: sono i trovatori e i trovieri, poeti-musicisti, fra cui emerge Raimbaut de Vaqueiras, e, in seguito, gli esponenti dell’Ars Nova, compositori di musica polifonica, come Guillaume de Machault e Francesco Landino (o Landini).
I LUOGHI
L’Italia è la regione in cui si sviluppa maggiormente la musica sacra, in particolare il gregoriano e la lauda, ma a partire dal Basso Medioevo anche la Francia assume un ruolo di primo piano: con i trovatori nella Francia meridionale, i trovieri nella Francia settentrionale e a Parigi con una grande scuola polifonica
ALTO MEDIOEVO
Musica Sacra
Gregorio Magno e l’Antifonario
L’abitudine di intonare canti in lode del Signore durante le cerimonie religiose esisteva già prima dell’Editto di Milano (313) ed era stata favorita dalla Chiesa, che aveva capito quanto la musica potesse preparare gli animi alla devozione. Con la diffusione del Cristianesimo, il repertorio dei canti sacri si arricchì molto. ma senza uniformità, perché vi erano differenze notevoli da popolo a popolo. Fu così che papa Gregorio Magno (540-604) scelse e riunì i canti sacri in un grande libro, l’Antifonario, pretendendo che ovunque nell’Occidente, durante le funzioni religiose, fossero eseguite solo le melodie scelte dalla Chiesa di Roma. Questi canti, chiamati gregoriani dal nome del pontefice, si diffusero in Italia e in gran parte dell’Europa. L’Antifonario, inizialmente legato all’altare di San Pietro da una catena d’oro, andò perduto durante le invasioni barbariche. Ne conosciamo il contenuto perché fu copiato a mano più volte nelle abbazie di Cluny in Francia, di San Gallo in Svizzera, di Nonantola e Montecassino in Italia.
la Schola Cantorum
L’affermazione del canto gregoriano fu favorita anche da un’altra importante riforma, riguardante la Schola Cantorum romana, dove si preparavano coloro che cantavano in chiesa per accompagnare le messe e altre funzioni liturgiche. Gregorio Magno stabilì infatti che i “cantori” studiassero per ben nove anni, imparando a memoria tutte le melodie ascoltate dalla voce del maestro. Fu così assicurata la sopravvivenza di quella musica straordinaria, che però non veniva ancora scritta. Infatti, nell’Antifonario originale erano stati raccolti solo i testi dei canti, mentre le parti musicali furono aggiunte alla fine del IX secolo.
Caratteri musicali del canto gregoriano
Nel suo svolgersi lento e quasi fuori dal tempo, il canto gregoriano induce alla contemplazione dci valori spirituali e al distacco dalle cose terrene. Ecco le sue principali caratteristiche:
- ha il testo in latino, lingua ufficiale della Chiesa;
- è vocale (coro «a cappella») e non prevede accompagnamento degli strumenti (giudicati inadatti per la musica sacra, dato che erano utilizzati in quella profana);
- può essere eseguito da un solista (canto monodico) o da un coro, in cui tutte le voci cantano sempre la stessa melodia (coro omofono); oppure può essere eseguito a dialogo tra un solista e il coro (canto responsoriale) o, infine, dal coro diviso in due parti (canto antifonale);
- ha ritmo libero e non marcato, perché non esiste ancora il concetto di “ritmo misurato”. L’assenza del ritmo era dovuta alla convinzione che esso fosse legato alla vita terrena; quando il canto dell’uomo si distaccava dalla materia per elevarsi verso un mondo solo spirituale, il ritmo non era più indispensabile.
Le forme del canto gregoriano
Le principali forme in cui il canto gregoriano si è sviluppato sono:
- il canto salmodico o Accentus, cioè una lettura intonata dei Salmi da parte del celebrante, tale lettura è quasi sempre sillabica (una sola sillaba per ciascun suono) e condotta su una sola nota (monotonale) o su poche note. Questa era la forma preferita per la salmodia, ovvero per il canto dei Salmi;
- il canto melismatico o Concentus, cioè il canto di risposta all’Accentus, eseguito dai fedeli o dalla Schola Cantorum: in esso la melodia è molto ricca e spesso una sola sillaba del testo serve per intonare moltissimi suoni. Il canto melismatico era la forma preferita per l’Innodia cioè per il canto degli inni non inseriti nella Bibbia e per l’Allelluja.
l’Inno
L’inno è una forma di canto religioso nato in Asia minore nel II-III secolo. In occidente si diffuse a partire dal IV secolo soprattutto ad opera di Sant’Ambrogio, vescovo di Milano. Egli compose alcuni inni divenuti famosi e ancora oggi in uso nella chiesa milanese Gli inni erano destinati ad essere eseguiti da tutti i fedeli, quindi particolarmente facili da cantare:
- Il testo era in versi suddivisi in strofe, tutte musicate con la stessa melodia
- La melodia si ripeteva sempre uguale ad ogni strofa per imprimersi più facilmente nella Memoria
- Per rendere più semplice l’apprendimento, ad ogni nota musicale corrispondeva una sillaba del testo. Venivano utilizzate melodie con poche note, evitando gli intervalli ampi, più difficili da intonare
Musica Profana
“Giullari” e “Menestrelli”
La musica è sempre stata presente in tutte le attività dell’uomo. Feste, banchetti, spettacoli teatrali, cerimonie profane o sacre, preghiere, danze, sono sempre state accompagnate dal canto e dal suono degli strumenti musicali. Nei primi secoli del medioevo artisti ambulanti giravano nelle piazze dei paesi per offrire alla gente del luogo i loro spettacoli. Questi artisti, chiamati “giullari” o “menestrelli”,erano ben accolti anche nei castelli dove venivano invitati per allietare le feste di corte. Erano cantori, abili suonatori, danzatori, acrobati e buffoni. Spesso provenivano da luoghi lontani ed erano a conoscenza di avvenimenti che potevano suscitare curiosità ed interesse. In un mondo privo ancora di mezzi di informazione essi costituivano un’insostituibile fonte di notizie e, in un certo senso, anche di cultura. Per le loro musiche utilizzavano vari tipi di strumenti musicali, molti dei quali sono gli antenati degli strumenti attuali.
Storie di eroi e condottieri
Fino all’anno Mille la musica profana (cioè la musica non destinata alle cerimonie religiose) era per lo più affidata a questi artisti vagabondi. Le loro canzoni erano basate su semplici melodie ripetute e narravano storie di eroi e condottieri:
- Carlo Magno e i suoi paladini contro gli infedeli Saraceni
- Re Artù e i cavalieri della tavola rotonda
- Le spedizioni dei Crociati in Terra Santa
Le melodie di queste canzoni erano spesso improvvisate sul momento, quindi nessuno si preoccupava di scriverle. Per questo motivo esse non sono giunte fino a noi.
la notazione musicale
Per molti secoli la musica è stata tramandata oralmente da maestro ad allievo. I cantori dovevano ripetere spesso le melodie per non dimenticarle. In seguito, i canti aumentarono notevolmente di numero e si sentì l’esigenza di annotare in qualche modo la melodia e allo stesso tempo aiutare i cantori ad eseguire le musiche sempre nello stesso modo, con una linea melodica che indicava la sua direzione, ascendente o discendente. Quest’esigenza fece nascere la notazione Neumatica costituita, all’inizio, da particolari segni nati, probabilmente, dai gesti del direttore del coro che, annotati tra le righe del testo da cantare, rappresentavano l’andamento della melodia come già detto (ma lasciando liberi intonazione e ritmo).
In seguito:
- I neumi diventarono di forma quadrata;
- Si tracciò una prima linea rossa che indicava la nota FA;
Si aggiunsero altri righi fino ad arrivare al tetragramma (Guido D’Arezzo); - Si passa alla notazione mensurale, la notazione musicale che fu usata dall’ultima parte del XIII secolo fino alla fine del Seicento. Mensurale si riferisce alla capacità di questo sistema di rappresentare ritmi complessi con grande esattezza e flessibilità.
- Con la notazione Mensurale si indicarono la durata dei suoni.
GUIDO D’AREZZO
Guido D’Arezzo nacque nel 995 vicino a Ferrara, fu monaco benedettino ad Arezzo, dove fondò una scuola di canto. Il suo metodo di insegnamento innovativo fu molto apprezzato a Roma e la Chiesa si occupò della sua diffusione.
Guido d’Arezzo mette a punto un sistema di sei suoni che chiama Ut, Re, Mi, Fa, Sol, La. Si tratta delle sillabe iniziali dei versi di un Inno a san Giovanni, composto nell’VIII secolo dal monaco Paolo Diacono, nel quale ogni verso inizia con un suono più alto rispetto al precedente. Nascono così le note (dal latino nota, cioè “appunto”, “annotazione”), che ancora oggi utilizziamo.
In questa prima successione di suoni manca ancora la nota Si, il settimo suono, che sarà aggiunto in seguito ricavandolo dalle iniziali di Sancte Johannes (San Giovanni”).
Inno a san Giovanni
Ut queant laxis
REsonare fibris
MIra gestorum
FAmuli tuorum
SOLve polluti
LAbii reatum
Sancte Johannes.
Per la scrittura delle note, Guido d’Arezzo definisce un insieme di quattro linee, chiamato tetragramma (dal greco tetra, “quattro”, e gramma, “linea – segno”), alle quali alcuni secoli dopo se ne aggiungerà una quinta, dando vita al pentagramma; con l’introduzione della notazione mensurale e i valori, la forma delle note dapprima è quadrata, poi diventa romboidale e infine tonda.
Il nome attuale della nota DO deriva probabilmente dalla prima sillaba di Dominus (“Signore” in senso cristiano), ed è stato introdotto perché si pronuncia in modo più fluido nel solfeggio, mentre la “t” finale di ut causa delle dissonanze.
Il nome è stato erroneamente attribuito a Giovanni Battista Doni, il quale nel XVII secolo avrebbe sostituito “ut” con la prima sillaba del proprio cognome; in realtà l’uso della sillaba “do” è attestato già nel 1536 in un testo di Pietro Aretino (dunque molto prima della nascita di Doni).
BASSO MEDIOEVO
La nascita della polifonia
Nel Basso Medioevo i monaci avviarono un importante processo di innovazione e sviluppo dell’arte musicale. Del resto, la musica era parte integrante della giornata di un monaco, poiché proprio i canti delle preghiere scandivano il tempo nei monasteri: il mattutino veniva recitato a mezzanotte, Ie Laudi (lodi) al sorgere del sole e poi ogni tre ore, i vespri al tramonto; la giornata si chiudeva con la Compieta. Si aggiungeva poi la celebrazione liturgica della Messa e l’intonazione frequente di Salmi.
I primi esperimenti di polifonia (dal greco poli – tanti e fonai – suoni) risalgono al X secolo, quando si tentò di sovrapporre due melodie diverse eseguite contemporaneamente da due o più voci. Nelle primissime forme polifoniche religiose, alla voce principale (Vox prìncipalis o tenor), tratta da un canto liturgico gregoriano, si sovrapponeva una vox organalis, cioè una melodia di nuova invenzione:
- nell’Organum, la forma più antica di polifonia, le due voci procedevano all’unisono, allontanandosi di poco tra loro;
- nel Discantus, nato dal precedente, le due voci si muovevano invece per “moto contrario”. una saliva e l’altra scendeva.
L’Ars Antiqua – Il contrappunto
Mentre inizialmente il ritmo era libero, in seguito la polifonia divenne più variata ritmicamente e più complessa, assumendo il nome di contrappunto.
Per oltre due secoli essa si sviluppò e si arricchì nel periodo dello dell’Ars Antiqua, che durò fino agli inizi del Trecento, quando a questa scuola si contrappose quella dell’Ars Nova, che diede avvio, come dice la parola, a un rinnovamento stilistico anche nella musica profana.
Contrappunto, dal latino punctum contro puntctum (punto contro punto, “nota contro nota“), è l’arte di sovrapporre due o più linee melodiche. Fino allo fine del Cinquecento. esso venne applicato a tutta la produzione vocale colta, e la sua nascita è infatti legata allo sviluppo della polifonia. Il contrappunto veniva eseguito talvolta da due sole voci ma spesso anche da tre o quattro.
La Scuola di Notre-Dame
Nella cattedrale di Notre-Dame, a Parigi, lavorò nel XII secolo il più antico e noto compositore di Organa, il Magister Leoninus (Maestro Leonino”). Alla sua attività, nell’ambito dell’Ars Antiqua si affiancò quella del successore, il Magister Perotinus (Maestro Perotino”), celebre soprattutto come compositore di Discanti.
Grazie a loro la Scuola di Notte-Dame divenne celebre e le loro opere furono alla base dello sviluppo contrappuntistico a più voci, che trovo espressione in tre forme;
- il Mottetto. formalo da tre voci: una presa di solito dal repertorio gregoriano (Cantus Firmus – Canto fermo, melodia preesistente) e due con testo profano;
- il Conductus. simile al Mottetto, ma con due o tre voci d’invenzione del compositore. mancava quindi il cantus firmus gregoriano;
- il Rondello (o Rota – ruota), anch’esso a due o tre voci, che era costituito da un’unica formula melodica che passava in tutte le voci rincorrendosi “a cerchio”.
Il volgare e lo sviluppo della Lauda
La musica polifonica nelle chiese, sempre più complessa, era ormai quasi inaccessibile per la gente comune. Le melodie si sovrapponevano fra loro e le parole in latino, pronunciate contemporaneamente dai vari cantori, non venivano comprese.
A causa delle invasioni barbariche, infatti, il latino non era più la lingua ufficiale: a esso si sostituirono via via forme linguistiche che, con una forte base latina, variavano di zona in zona. A queste venne dato il nome di “volgare“, da vulgus, cioè popolo.
Dalla necessità di una musica sacra più semplice nacque così la Lauda. un canto monodico in lingua volgare.
Fu San Francesco d’Assisi a comporre la più antica Lauda, il Cantico delle Creature, per esprimere in modo semplice la propria devozione. Nel testo egli si rivolge con spontaneità ai diversi elementi naturali, ringraziandoli e lodandoli perché in essi Dio manifesta la sua bellezza e la sua magnificenza.
Nelle laudi melodia e testo costituivano un tutt’uno, in una forma rigorosamente monodica e sillabica, talvolta accompagnata da qualche strumento.
Le Laudi si diffusero per tutto il Duecento e parte del Trecento, e tra i loro autori troviamo anche Jacopone da Todi.
Il Cantico e le Laude non furono però mai inseriti dalla Chiesa del tempo nella liturgia ufficiale, che consentiva solo il canto gregoriano
La musica profana Trovatori e trovieri
La lingua d ‘Oc, nata dal latino nel sud della Francia, fu il mezzo di diffusione della musica e della poesia del tempo. Essa si affermò per mezzo dei trovatori, autori ed esecutori di canzoni ispirare agli ideali cavallereschi e all’amore. Fra i più famosi, ricordiamo Jaufré Rudel e Bernard de Ventadour (seconda metà del XII secolo),
Nel nord della Francia lo stile dei trovatori fu ripreso dai trovieri nella lingua d’Oil, anch’essa nata dal latino e destinata a originare il francese moderno, Con i trovieri, in particolare Adam de la Halle, si accentuò il carattere aristocratico di questa musica,
La musica dei trovatori e dei trovieri era monodica per poter essere eseguila facilmente con gli strumenti; le principali forme compositive erano la Canzone, la Ballata e il Sirventese.
Trovatori e trovieri ebbero imitatori e continuatori in Italia, dove fu soprattutto la Scuola Siciliana di Federico Il a fare propria e reinterpretare la tradizione trobadorica, e in Germania. dove presero il nome di Minnesanger (letteralmente “cantori d’amore”).
Musica popolare e musica colta
Nelle campagne e nei borghi, la gente si divertiva con forme musicali festose, adatte alle danze e con struttura semplice, orecchiabile e ripetitiva. Tali composizioni venivano tramandate oralmente e diffuse da musicisti girovaghi, cantastorie, giullari e menestrelli; alcuni cantavano soltanto, altri si accompagnavano con il tamburo o la viella. In Germania, i clerici vaganti, musicisti di strada che avevano abbandonato gli studi religiosi e monastici, viaggiavano diffondendo canti goliardici, di cui ci è giunta la raccolta Carmina Burana: si tratta di testi scherzosi e irriverenti, sia in latino sia in volgare.
La musica colta era invece scritta da persone che avevano studiato. All’inizio del Trecento, i musicisti dell’Ars Nova affermarono che la musica profana dovesse avere la stessa dignità e bellezza di quella sacra. Tra le maggiori personalità ricordiamo il francese Guillaume de Machaut, poeta e uomo politico, oltre che musicista, e l’italiano Francesco Landino, compositore e virtuoso dell’organo. All’Ars Nova italiana si deve lo sviluppo del Madrigale polifonico, una nuova forma poetico-musicale, da cui nacquero la Caccia e la Ballata, scritta a tre voci (una prevalente e due di accompagnamento).
Le danze
La danza costituiva uno dei divertimenti preferiti nel medioevo.
Nelle piazze il flauto diritto, accompagnato dal tamburello, dava vita a danze allegre e vivaci come il saltarello.
Il saltarello è una danza di origine italiana eseguita con passi saltellati. Altre forme di danza, come l’estampida e il rondeau avevano anche un testo cantato.
Nelle sale dei castelli e dei palazzi si preferivano danze più aggraziate e lente che venivano accompagnate da strumenti dal suoni più dolce, come il liuto e la viella.
GENERI E FORME DEL MEDIOEVO
Il dramma liturgico
Anche la musica religiosa tende ad ispirarsi alle forme del popolo. In occasione delle principali ricorrenze, come il Natale o la Pasqua, si allestiscono nelle chiese delle rappresentazioni teatrali ispirate ai testi sacri.
I fedeli partecipano come attori a questi teatri religiosi interpretando i vari personaggi delle sacre scritture. Il popolo partecipa anche con le sue musiche, che vanno ad aggiungersi e a fondersi con quelle liturgiche
Nascono così una quantità di “drammi liturgici”. Tra i più famosi e belli:
- Il pianto di Maria
- Il dramma di Daniele
- La visita al sepolcro
Questi drammi erano ancora cantati in latino, la lingua ufficiale della Chiesa, ma ormai il popolo non lo capiva più. È naturale perciò che pian piano, col tempo, anche nelle chiese si arrivasse a cantare musiche nella lingua parlata.
IL MOTTETTO
Il M. è una forma musicale polifonica, sacra, prima solo vocale, poi anche vocale e strumentale.
Nacque nel sec. XIII dall’aggiunta di una o due voci a un tenor gregoriano.
Nel sec. XIV, si affermò il mottetto isoritmico (ripetizione o la ricorrenza di una o più sequenze ritmiche), nel sec. XV, si infittì la scrittura contrappuntistica, specie tra i polifonisti fiamminghi.
Nel ‘500 le complessità contrappuntistiche si stemperano a vantaggio di una maggiore aderenza ai testi.
Sorge anche il M. concertato, cioè con strumenti, coltivato in epoca barocca. Successivamente il M. confluisce e si confonde con altre forme sacre.
La chanson
La chanson (“canzone”, dal latino cantio) in generale è una composizione con testo in francese.
In un linguaggio più specialistico la parola chanson si riferisce alla canzone polifonica francese del tardo medioevo e del rinascimento, diffusa da trovatori e trovieri.
Le prime chanson erano scritte nelle forme della ballata o del rondò, successivamente molti compositori musicarono delle poesie popolari in varie forme che assunsero le definizioni di chanson d’histoire, di chanson dramatique, di chanson de danse, di chanson d’aube, di reverdie e di pastourelle.
Le prime chanson erano per due, tre voci. La quarta voce venne aggiunta soltanto a partire dal XVI secolo. In alcuni casi i cantori erano accompagnati da uno strumento.
Madrigale e Ballata
Il Madrigale medioevale è una composizione a 2 o 3 voci coltivata nel sec. XIV nel quadro dell’Ars nova.
La Ballata è composizione strofica di carattere per lo più profano, originalmente destinata al canto e alla danza.
Ha una forma monopartita che prevede un unico periodo musicale che si ripete più volte. Ad ogni strofa si ripete la stessa melodia con parole diverse
Ascoltiamo “A l’entrada del temps clar” è una ballata trovadorica anonima del XII o del XIII secolo in cui si canta e si balla il sopraggiungere della primavera (dei “giorni chiari”). La primavera è allegoricamente raffigurata da una regina che, allontanando un decrepito re geloso e risentito (l’inverno), invita i giovani a ballare nella danza rinnovatrice della vita.
In chiave moderna, Fabrizio De Andrè ha usato spesso questa forma musicale. La Canzone di Marinella, ad esempio, è formata da un unico periodo musicale che si ripete quasi uguale per tutte le otto strofe del brano. Di seguito il testo delle prime due strofe.
Fonti:
Bibliografia:
- Musica live (Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori)
- C’è Musica per tutti ((Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori)
- Sonora (Minerva Scuola)
- Fantasia e Musica – Step by Step (Mondadori Education)
- In musica (Mursia Scuola),
- Nuova storia della musica di Riccardo Allorto (Ricordi)
Sitografia:
- Musica a scuola – www.musicaragazzi.altervista.org/index.html
- L’ora di Musica (Bernardino Cagliero) – www.oradimusica.it
- Wikipedia, l’enciclopedia libera – it.wikipedia.org
- Sapere.it L’enciclopedia De Agostini – www.sapere.it